Cattaneo, un capofila del Risorgimento in Ticino
Nel 1848, dopo il fallimento dell’insurrezione milanese, a Lugano arriva Carlo Cattaneo, che fino alla sua morte vivrà a Castagnola. Fervente sostenitore del federalismo, Cattaneo svolgerà pure un ruolo di primo piano nella modernizzazione del cantone.
Seguendo le orme di altri celebri esuli del Risorgimento italiano, nel novembre del 1848 giunge a Lugano Carlo Cattaneo, uno dei principali protagonisti delle Cinque Giornate di Milano e “forse una delle figure più belle del suo tempo”, come disse di lui Indro Montanelli.
Nella città sulle rive del Ceresio, l’intellettuale milanese prende dimora nella casa di campagna della famiglia Peri, a Castagnola, già riparo per altri illustri rifugiati, come Taddeo Kosciusko, l’eroe in esilio dell’indipendenza polacca. Qui Cattaneo visse fino alla sua morte, nel 1869.
Dall’insurrezione milanese all’esilio ticinese
Nato nel 1801 nel capoluogo lombardo da una famiglia della media borghesia, Cattaneo inizia la sua vita “pubblica” nel 1820, quando è nominato professore di grammatica latina.
Nel 1824 si laurea in diritto presso l’Università di Pavia e nel 1835 lascia l’insegnamento per dedicarsi all’attività pubblicistica, spendendo le sue energie nel promuovere il progresso, ad esempio in ambito ferroviario, sostenendo la linea Milano-Venezia. Del 1837 la fondazione dell’importante rivista “Il Politecnico”.
Fino al 1848 si occupa poco di politica. Spinto dai suoi amici, durante l’insurrezione contro gli austriaci (18-22 marzo 1848) entra a far parte del Consiglio di guerra, dirigendo le operazioni militari.
Al ritorno degli austriaci, dopo aver cercato di organizzare l’ultima resistenza a Lecco, Bergamo e Brescia, ripara dapprima a Parigi, dove cerca di fare pressioni per un intervento francese, e poi in Svizzera, accompagnato dalla moglie, l’anglo-irlandese Anna Woodcock.
L’arrivo in Ticino
La Svizzera ed in particolar modo il Ticino non erano realtà estranee a Carlo Cattaneo. Nel 1815 aveva conosciuto Stefano Franscini, suo compagno di studi al Seminario Arcivescovile di Milano, con il quale, nel 1821, intraprende un viaggio a Zurigo.
Eletto nel 1848 nel primo Consiglio federale, il liberale radicale ticinese intuisce il ruolo che Cattaneo può svolgere nell’immane compito di fare del cantone uno Stato moderno. Una missione che, pur priva di onori e cariche, il milanese adempierà pienamente.
Un ideologo del progresso
Oltre a formare una generazione di studenti -dal 1852 è docente di filosofia al Liceo di Lugano- Cattaneo lascia un’impronta indelebile in Ticino.
Collabora attivamente a decine di iniziative per grandi opere di progresso tecnico, scientifico, agricolo ed industriale. E’ lui, ad esempio, ad avviare uno studio per la bonifica del Piano di Magadino, per il quale vede un’enorme potenzialità.
Assieme all’ingegnere Pasquale Lucchini, svolge un ruolo fondamentale nel convincere gli esperti svizzeri e stranieri a preferire la variante Gottardo, piuttosto che quella del Lucomagno, per il grande traforo ferroviario alpino che si sta progettando.
Casa Cattaneo a Castagnola (lugano.ch)
Per il suo impegno, le autorità ticinesi lo ricompenseranno nel 1858, accogliendolo come cittadino onorario.
L’Italia rimane al centro delle sue preoccupazioni
Le attività ticinesi non impediscono a Cattaneo di rimanere attivissimo per la causa d’Italia.
Appena giunto in Svizzera pubblica l’Insurrezione di Milano. In seguito inizia la collaborazione con la Tipografia Elvetica di Capolago, una stamperia d’importanza capitale per il Risorgimento italiano, da dove escono libri di storia e saggi politici favorevoli all’unità.
Dal 1859, dopo la seconda guerra d’indipendenza, ritorna attivamente nella vita politica italiana. Nel 1860 viene eletto una prima volta deputato, ma non partecipa mai ai lavori. Rifiutandosi di prestare giuramento alle istituzioni sabaude e al centralismo che rappresentavano, Cattaneo non vuole infatti venire meno al suo credo federalista e repubblicano.
Dalla sua casa di Castagnola continua a svolgere, fino alla sua morte nel febbraio del 1869, il ruolo d’ispiratore dell’opposizione democratica.
Cattaneo il federalista
“L’Italia –scriveva nel 1850- è fisicamente e istoricamente federale”. “E’ la questione del secolo, o l’ideale asiatico o l’ideale americano e svizzero”, aggiungeva, intendendo con il primo il centralismo amministrativo vecchio stampo,
dispotico e poco liberale, e con il secondo i nuovi orizzonti della federazione e della libertà. “Congresso comune per le cose comuni; e ogni fratello padrone in casa sua”, amava ripetere.
Un’aspirazione, questa di Cattaneo, ritornata d’attualità negli ultimi anni con l’avvento sulla scena politica italiana della Lega d’Umberto Bossi e delle sue rivendicazioni autonomiste. Farne un antesignano delle idee leghiste è però forse esagerato.
L’ammirazione che Cattaneo portava allo Stato federale svizzero era dovuta soprattutto al fatto che grazie a questa struttura ogni cantone poteva fare di più per la causa comune.
A uno dei suoi avversari, che spregiativamente aveva definito i cantoni elvetici “repubblichette”, così rispondeva: “Hai visto la repubblichetta di Vaud, che alla dimanda di nove battaglioni risponde offrendone venticinque! E il Vaud fa duecentomila anime, poco più della provincia di Pavia! Di questa misura le repubbliche d’Italia potrebbero dare più di tremila battaglioni”.
Un ideale federalista ben lontano, insomma, dai proclami sulla “Roma ladrona” cari alla Lega e dal suo adoperarsi affinché le risorse prodotte al nord non vadano a beneficio di regioni non comprese nei confini padani.
swissinfo, Daniele Mariani
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