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Comunione dei beni: rientrano i beni acquisiti a titolo originario dalla moglie o dal marito

Comunione dei beni: rientrano i beni acquisiti a titolo originario dalla moglie o dal marito

Moglie e marito che scelgono la comunione dei beni come regime patrimoniale devono sapere che vi rientrano tutti gli acquisti dei coniugi, o di uno di essi, anche se a titolo originario. L’unica eccezione sono i beni strettamente personali, per esempio quelli derivanti da un’eredità o da un risarcimento danni.

Entrano a far parte della comunione, però, i frutti dei beni di ciascun coniuge (anche se personali) e i proventi delle loro rispettive attività, a patto che non siano stati consumati al momento dello scioglimento della comunione. Anche le aziende gestite da entrambi i coniugi, se costituite dopo il matrimonio, fanno parte dei beni in comune.

Il bene acquisito per usucapione rientra nella comunione

 

Anche il bene acquisito per usucapione, nel momento in cui è in vigore il regime di comunione, rientra a tutti gli effetti a far parte del patrimonio comune dei coniugi. Prendiamo il caso di un artigiano, sposato in comunione dei beni, che ha sempre svolto la propria attività in un seminterrato, utilizzato anche come cantina dall’intera famiglia.

Pur non essendo l’effettivo proprietario del locale si è sempre comportato come se lo fosse, svolgendo la dovuta manutenzione e pagando le utenze. Dopo 20 anni potrà far riconoscere il suo possesso ed essere dichiarato proprietario dell’immobile. Al termine di una causa, infatti, l’artigiano potrà essere riconosciuto proprietario per usucapione, un modo di acquisto della proprietà che si definisce “a titolo originario”.

In questo caso l’acquisto, come detto, cadrà in comunione, e, quindi, la moglie dell’artigiano diventerà legittimamente proprietaria del 50% del bene acquisito e avrà quindi diritto a gestirlo in maniera congiunta con il marito.

 

Il momento rilevante è quello in cui si completa l’acquisto del bene

 

È il momento in cui si conclude l’acquisto ad essere rilevante per decidere se il bene cadrà o meno in comunione. Per semplificare potremmo dire che anche se, durante buona parte dei vent’anni di possesso l’acquirente non era sposato, avrà valore il fatto che il ventesimo anno sia caduto durante la comunione. Allo stesso modo, se uno dei coniugi possedesse un bene durante il periodo della comunione ma ne diventasse proprietario per usucapione soltanto dopo lo scioglimento, l’altro coniuge non potrebbe avere alcuna pretesa nei confronti del bene in questione.

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