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L’APPARTENENZA DI UN GIUDICE A “MAGISTRATURA DEMOCRATICA” NON COSTITUISCE MOTIVO DI RICUSAZIONE

Il sospetto di imparzialità del giudice deve essere ricollegabile a fatti specifici (Cassazione Sezione Prima Civile n. 14573 del 12 ottobre 2002, Pres. Olla, Rel. Celentano).

In base agli articoli 51 e 52 cod. proc. civ. il giudice può essere ricusato in caso di interesse nella causa o “grave inimicizia” con una delle parti.

In un giudizio davanti alla Prima Sezione Civile della Suprema Corte l’avvocato Wilfredo Vitalone, difensore e parte ricorrente, ha rivolto al presidente del Collegio un’istanza con la quale ha: “a) chiesto di conoscere, attraverso una <> da far pervenire ad esso istante, se <>, spiegando che la richiesta era giustificata dalla circostanza che <>; b) dichiarato che, nel caso in cui nessuna comunicazione gli fosse stata data in relazione alla sua richiesta di informativa, egli ricusava, ai sensi degli artt. 52 e 51 n. 3 c.p.c., <>”.

La Corte, con ordinanza interlocutoria n. 14573 del 12 ottobre 2002 (Pres. Olla, Rel. Celentano) ha dichiarato inammissibile sia la richiesta di informazioni, in quanto estranea al procedimento di ricusazione disapplicato dall’art. 52 cod. proc. civ., sia la dichiarazione di ricusazione. Dal combinato disposto degli artt. 51 e 52 cod. proc. civ. – ha osservato la Corte – si ricava che la ricusazione del giudice può fondarsi solo su motivi specifici fondati su fatti espressamente previsti dalla legge. A nessuno di tali casi – ha affermato la Corte – è riconducibile il motivo di ricusazione dedotto dall’attuale ricusante; l’eventuale e sola appartenenza dei magistrati ricusati al gruppo associativo denominato Magistratura Democratica, non può configurare una ipotesi di interesse del giudice nella causa (art. 51 comma 1° n. 1) quando non sia ricollegabile a fatti specifici; la genericità della indicazione normativa circa l’interesse nella causa, non esclude, infatti, l’onere del ricusante di indicare fatti specifici in relazione ai quali possa configurarsi un interesse personale e concreto, anche soltanto indiretto, del giudice rispetto alla causa, all’oggetto o ai soggetti che ne sono parti. Tale “appartenenza” – ha concluso la Corte – nemmeno può configurare, essa sola, un’ipotesi di “inimicizia grave” atteso che questa può rendere concreto anche un semplice sospetto di imparzialità del giudice soltanto allorché sia ricollegabile a specifici fatti – i quali debbono essere attribuibili direttamente al giudice ricusato – che l’abbiano resa manifesta.

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