Lavoro
Studio Legale Marzorati | Avvocato Milano
La presenza delle donne nel mondo del lavoro è una realtà consolidata nella nostra società. La legge vieta qualsiasi discriminazione fra donna e uomo nei rapporti di lavoro.Alle lavoratrici madri sono riconosciute particolari agevolazioni nel periodo di gravidanza e dopo il parto; alcune di queste sono estese anche ai padri lavoratori.
Donne e uomini hanno diritto allo stesso trattamento in materia di lavoro
Sì. La legge vieta espressamente qualsiasi discriminazione anche indiretta fondata sul sesso, che riguardi l’accesso al lavoro, l’attribuzione delle qualifiche, delle mansioni, la progressione nella carriera e la retribuzione.
Che cosa sono e quali scopi hanno le azioni positive per la realizzazione della parità uomo donna nel lavoro
Sono interventi specifici a favore delle donne tendenti a rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari opportunità.
Le azioni positive hanno lo scopo di:
– eliminare le disparità nella formazione scolastica e professionale, nell’accesso al lavoro, nella progressione e nello svolgimento della attività lavorativa;
– favorire la diversificazione delle scelte professionali delle donne, il loro accesso al lavoro autonomo e alla formazione imprenditoriale;
– superare la distribuzione del lavoro in base al sesso, che provoca effetti negativi per le donne;
– promuovere l’inserimento delle donne nelle attività in cui sono meno presenti e ai livelli di responsabilità;
– favorire l’equilibrio fra responsabilità familiari e professionali e una loro migliore ripartizione fra i sessi.
Da chi possono essere promosse le azioni positive
Dal Comitato per l’attuazione dei principi di parità istituito presso il Ministero del Lavoro, dai consiglieri di parità, dai centri per la parità e le pari opportunità a livello nazionale, locale e aziendale, dai datori di lavoro pubblici e privati, dai centri di formazione professionale e dalle organizzazioni sindacali nazionali e territoriali.
Con quali modalità vengono attuate
Con progetti di azione positiva predisposti da imprese, cooperative, consorzi, enti pubblici economici, associazioni sindacali e centri di formazione professionale.
Per la loro attuazione la legge prevede, su domanda e a precise condizioni, un rimborso totale o parziale per coprire gli oneri finanziari che si devono sostenere.
Nel settore statale e pubblico come possono essere attuate
Le amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche e tutti gli enti pubblici non economici devono adottare piani di azioni positive per la rimozione degli ostacoli che di fatto impediscono la piena parità nel lavoro tra uomini e donne.
I principi di pari opportunità sono attivi anche nella pubblica amministrazione
Sì. Su richiesta della Commissione nazionale parità, le c.d. «leggi Bassanini» di riforma della P.A., relativamente alla gestione delle risorse umane, stabiliscono che le pubbliche amministrazioni curano la formazione e l’aggiornamento del personale, ivi compreso quello con qualifiche dirigenziali, garantendo altresì l’adeguamento dei programmi formativi, al fine di contribuire allo sviluppo della cultura di genere nella P.A..
Inoltre le pubbliche amministrazioni dovranno assicurare pari opportunità di uomini e donne sul lavoro e garantire alle proprie dipendenti la partecipazione ai corsi di formazione e aggiornamento professionale, adattando l’organizzazione a tale obiettivo, consentendo la conciliazione fra vita professionale e vita familiare.
Infine, le amministrazioni possono finanziare programmi di azioni positive e l’attività dei Comitati pari opportunità.
Si ricorda che gli Enti locali sono tenuti ad assicurare condizioni di pari opportunità e a promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali propri e di enti, aziende ed istituzioni da essi dipendenti.
A quali azioni giudiziarie la donna può fare ricorso se si ritiene discriminata nel lavoro
Può anzitutto ricorrere alle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, oppure promuovere il tentativo di conciliazione tramite un’associazione sindacale o il consigliere di parità, presso la commissione di conciliazione.
Se questi non riescono, oppure se la lavoratrice intende agire direttamente in via giudiziaria, può presentare ricorso al giudice che con carattere di urgenza deve convocare le parti, assumere sommarie informazioni e, se ritiene esistente la violazione denunciata, ordina la cessazione del comportamento illegittimo.
Se il comportamento discriminatorio è di carattere collettivo, il ricorso può essere proposto dal consigliere di parità.
Come si può dimostrare che c’è stata discriminazione
Se la lavoratrice fornisce elementi di fatto – desunti anche da dati di carattere statistico relativi alle assunzioni, alla retribuzione, all’assegnazione di mansioni e qualifiche, ai trasferimenti – in base ai quali si può presumere che sussista una discriminazione in base al sesso, è sul datore di lavoro che incombe l’onere di provare che non sussiste discriminazione.
Se la donna o il consigliere di parità vincono la causa, quali effetti ne derivano
Il giudice, se accerta le discriminazioni, ordina al datore di lavoro di definire un piano per rimuoverle, entro un termine determinato.
Inoltre gli imprenditori, se destinatari di benefici accordati dallo Stato o parti di un contratto di appalto per l’esecuzione di opere pubbliche, di servizi o di forniture, su segnalazione dell’Ispettorato del Lavoro, possono subire la revoca del beneficio o, nei casi più gravi, l’esclusione fino a 2 anni da qualsiasi ulteriore agevolazione finanziaria o creditizia o appalto.
Per i datori di lavoro nel periodo di inosservanza del provvedimento del giudice, è sospesa la fiscalizzazione degli oneri sociali.
Sono previste anche sanzioni penali
Sì, è prevista un’ammenda per le discriminazioni operate nell’accesso al lavoro, nella retribuzione, nella attribuzione delle qualifiche, mansioni e progressione di carriera.
L’inosservanza della sentenza del giudice costituisce reato punibile con l’arresto fino a 3 mesi e con l’ammenda.
Quali sono i compiti del Comitato Nazionale per le pari opportunità istituito presso il Ministero del Lavoro?
Competono a tale organismo tutte le azioni tendenti a rimuovere ogni comportamento discriminatorio legato al sesso e ogni ostacolo all’uguaglianza delle donne nell’accesso al lavoro e nel suo svolgimento, a promuovere azioni positive, nonché a controllare l’applicazione della legge sulle pari opportunità.
Chi sono e quali compiti hanno i Consiglieri di parità
Sono pubblici funzionari con esperienza tecnica e professionale nominati dal Ministero del Lavoro, operanti a livello sia provinciale sia regionale.
Essi vigilano sull’attuazione della legge sulla parità, hanno l’obbligo di fare rapporto all’autorità giudiziaria per reati dei quali vengono a conoscenza, possono richiedere all’Ispettorato del Lavoro ogni informazione sulla situazione dell’occupazione maschile e femminile e agiscono in giudizio in presenza di discriminazioni.
Esistono azioni positive per la imprenditoria femminile?
Si. La legislazione italiana prevede una legge specificamente indirizzata alla imprenditoria femminile, accanto ad altre che incentivano lo sviluppo di imprese giovanili e di società cooperative.
Queste ultime prevedono una disciplina fiscale agevolata per le attività produttive realizzate da giovani di età inferiore a 32 anni che per la prima volta intraprendono un’attività di impresa, da lavoratrici in cassa integrazione o in mobilità, da portatrici di handicap, da soggetti che operano nei settori a tutela dell’ecosistema.
In che cosa consistono?
È prevista la concessione di contributi in conto capitale e di crediti d’imposta. I contributi, a fondo perduto fino al 50% dell’investimento, prevedono finanziamento agevolato di 5 anni fino al 30% della spesa, a tassi dimezzati rispetto al mercato.
Ammontare e modalità dipendono da luoghi e caratteristiche aziendali. Il denaro viene dato a rate e si comincia con il 40% del totale richiesto. Vengono finanziati anche corsi di formazione imprenditoriale e servizi di assistenza tecnica. È stato istituito un Fondo nazionale per lo sviluppo dell’imprenditoria femminile, attualmente (1998) dotato di 46 miliardi.
Chi può beneficiarne?
Le società di persone o cooperative costituite almeno per il 60% da donne; società di capitali le cui quote di partecipazione spettino in misura non inferiore ai due terzi a donne e i cui organi di amministrazione siano costituiti per almeno i due terzi da donne; imprese individuali gestite da donne.
I contributi sono rivolti anche alle aziende femminili già esistenti, purché nate dopo il 1992, con al massimo 50 dipendenti, un fatturato di 5 milioni di Ecu annui e uno stato patrimoniale di 2 milioni di Ecu.
Quali attività sono ammesse al finanziamento?
Quelle che riguardano l’artigianato, l’industria, il commercio, il turismo e i servizi.
A chi ci si può rivolgere per saperne di più
Al Comitato per l’imprenditoria femminile presso il Ministero dell’Industria, del commercio e dell’artigianato; alla Direzione generale coordinamento incentivi alle imprese del Ministero dell’Industria; all’Uffico del ministro per le Pari opportunità; alle Camere di commercio; alla Regione e alle Agenzie per l’impiego.
Che cosa è il Fondo sociale europeo (Fse)?
È uno strumento finanziario attraverso il quale vengono gestiti fondi destinati dalla Unione Europea e dall’Italia nel periodo 1994-1999 per iniziative a sostegno della formazione e dell’occupazione.
Le sue voci centrali di spesa sono: facilitare l’accesso al mercato del lavoro, promuovere le pari opportunità tra uomini e donne, migliorare le competenze professionali, incoraggiare la creazione di nuova occupazione, creazione di nuove imprese o sviluppo di quelle già esistenti, programmi di ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica.
A chi sono destinate queste opportunità?
In particolare ai giovani alla ricerca del primo impiego e alle donne disoccupate o che vogliono rientrare nel mondo del lavoro, o quelle che vogliono avanzare nella loro carriera. Alcuni corsi prevedono un limite di età (32 anni), ad alcuni possono accedere solo laureati, altri non richiedono neppure un diploma.
A chi ci si può rivolgere?
Alla Commissione europea (Direzione generale V), al Ministero del Lavoro, alle Regioni, Informagiovani, Centri Retravailler.
Come si viene assunti nel settore privato?
Il datore di lavoro può ricorrere a:
– assunzione nominativa, indicando alla sezione circoscrizionale per l’impiego il nome di chi si vuole assumere: è necessario il nulla osta del collocamento;
– assunzione numerica, indicando numero e qualifiche dei lavoratori che si intendono assumere alla sezione per l’impiego, che, sulla base delle graduatorie delle liste di collocamento, avvia i lavoratori (forma ormai quasi scomparsa);
– assunzione diretta, valida sia nel collocamento ordinario sia in quello agricolo e dello spettacolo, assumendo direttamente, cioè senza fare richiesta al collocamento e senza attendere il nulla osta della sezione circoscrizionale per l’impiego. Entro 5 giorni dall’assunzione, il datore di lavoro deve comunicare alla sezione per l’impiego il nome del lavoratore assunto, la data dell’assunzione, la tipologia contrattuale, la qualifica e il trattamento economico e normativo. Deve consegnare al lavoratore una dichiarazione sottoscritta con i dati della registrazione effettuata nel libro matricola in uso;
– assunzione obbligatoria, nelle aziende con più di 10 dipendenti, una percentuale delle nuove assunzioni, anche se a termine, è riservata a favore di «soggetti deboli» (in mobilità ecc.). Aziende ed enti pubblici con più di 35 dipendenti hanno l’obbligo di assumere il 15% dei dipendenti dalla lista dei disabili e di altre categorie protette (orfani, vedove, profughi ecc.);
– passaggio diretto da un’azienda all’altra senza interruzione dell’attività lavorativa.
Come si viene assunti nel settore pubblico?
Le assunzioni possono avvenire per:
– concorso pubblico, che può essere per titoli (ad esempio un certo titolo di studio, avere prodotto pubblicazioni ecc.), per esami, o per titoli ed esami. La Gazzetta ufficiale pubblica tutti i bandi di concorso, dove sono indicate le modalità di ammissione (tempi da rispettare, documenti da presentare ecc.) alle quali ci si deve scrupolosamente attenere;
– selezione, relativamente a qualifiche medio/basse, effettuata tra i nominativi presenti nelle liste di disoccupazione del collocamento.
Una riserva di posti è prevista obbligatoriamente a favore di soggetti svantaggiati (handicap, invalidi ecc.) e dei cassintegrati a zero ore da più di 12 mesi o per chi è in mobilità.
Come si costituisce il rapporto di lavoro?
Con la stipula di un contratto, di solito in forma di lettera, la cui copia deve essere restituita firmata al datore di lavoro.
Che cosa può ostacolare la costituzione di un rapporto di lavoro
L’età, e in alcuni casi l’idoneità fisica. Il sesso non costituisce motivo di differente trattamento, ad eccezione di lavori particolarmente pesanti, che sono indicati nella contrattazione collettiva.
Quali sono i limiti di età?
L’età minima per lavorare, anche per gli apprendisti, è di 16 anni.
Essa riguarda tutti i settori compreso quello agricolo, Non sussiste più alcun limite massimo di età per le assunzioni nel pubblico impiego.
Quali sono i limiti relativi all’idoneità fisica?
Il requisito dell’idoneità fisica è generalmente richiesto per i minori di 18 anni. Per gli adulti è richiesto soltanto per chi deve lavorare in industrie dove vengono impiegate o prodotte sostanze tossiche o infettanti.
Come viene accertata l’idoneità fisica?
Con visita medica, eseguita da un ufficiale sanitario che rilascerà un certificato.
Sono consentite altre indagini mediche prima dell’assunzione
Sono vietate nel nostro ordinamento le visite preassuntive, intese ad accertare l’esistenza di uno stato di gravidanza, tossicodipendenza e sieropositività.
Il matrimonio può influire sul rapporto di lavoro?
No, non si può essere licenziati a causa del matrimonio. L’eventuale licenziamento intervenuto tra la richiesta delle pubblicazioni fino ad 1 anno dopo le nozze è da considerarsi nullo: il datore di lavoro deve riassumere la lavoratrice e corrisponderle la retribuzione anche per il periodo precedente la riassunzione.
Che cosa c’è nel contratto?
Un’assunzione fatta a voce non ha valore, occorre una lettera o un atto scritto. Deve essere in carta intestata dell’azienda che assume, firmata da un responsabile e contenere: data dell’assunzione, durata dell’eventuale periodo di prova, qualifica di inquadramento, mansioni assegnate, tipo di contratto, categoria di lavoro alla quale ci si riferisce, retribuzione lorda.
Quali tipi di contratto sono possibili?
Esistono il contratto a tempo indeterminato, che non prevede un tempo di scadenza del rapporto di lavoro; il contratto a termine, nel quale invece è prestabilita la durata del rapporto di lavoro; il contratto a prestazione occasionale o coordinata e continuativa, sulla base del quale, anche se non si è dipendenti, vanno comunque rispettati tempi e modi pattuiti.
I contratti possono essere a tempo pieno o a part-time.
Che cosa è il periodo di prova
Il datore di lavoro e il lavoratore lo possono stabilire, in forma scritta, all’atto dell’assunzione. La durata è variabile, stabilita di norma dai contratti collettivi a seconda della qualifica e della categoria, ma non può superare i 6 mesi.
Si applica il trattamento economico dei lavoratori assunti in via definitiva e dunque anche il trattamento di fine rapporto, le ferie (o la corrispondente indennità sostitutiva), tredicesima ecc. (pro quota).
La prova può essere interrotta unilateralmente dal lavoratore o dal datore di lavoro senza dover fornire spiegazioni e senza altre conseguenze.
Il lavoratore può tuttavia opporsi al licenziamento durante il periodo di prova per determinati motivi.
Il periodo di prova non può essere prolungato né rinnovato in alcun modo. Superato il periodo di prova, il rapporto di lavoro si intende tacitamente confermato.
Che cosa e la qualifica
È la definizione dell’inquadramento professionale del lavoratore assegnata sulla base delle mansioni (vale a dire i compiti, le attività) da svolgere e/o dei livelli professionali precedentemente acquisiti.
Da ricordare che se si viene momentaneamente (la legge vieta espressamente al datore di lavoro di far compiere «passi indietro» al lavoratore) adibiti a mansione inferiore a quella della qualifica assegnata, sia questa sia la retribuzione rimangono invariate.
Se invece si svolgono per un certo periodo mansioni superiori, si ha diritto alla retribuzione corrispondente. Passati 3 mesi l’acquisizione della nuova qualifica diviene definitiva (salvo i casi di sostituzione).
E la progressione nella carriera?
Sono gli avanzamenti, i passaggi di qualifica, le promozioni ecc.: è vietata qualsiasi discriminazione tra uomo e donna.
Le assenze relative al periodo di divieto assoluto di lavoro prima e dopo il parto e quelle relative al periodo di astensione anticipata autorizzata dalla Direzione provinciale del lavoro sono considerate, ai fini della progressione della carriera, come attività lavorativa.
Che cosa c’è nella busta paga
Deve indicare i giorni di presenza, eventuali ferie e assenze per malattia, la retribuzione lorda e, nel dettaglio, tutti i versamenti che l’azienda effettua a favore del dipendente, con le detrazioni che portano alla paga netta. Va conservata in quanto documento fondamentale per rivendicare i diritti del lavoratore.
Quando e come viene definita la retribuzione
Al momento dell’assunzione. Non può essere inferiore a quella stabilita dai contratti collettivi e integrativi aziendali per la qualifica assegnata.
Sono previste 13 mensilità, talvolta anche 14. La contrattazione aziendale può stabilire retribuzioni superiori sulla base di criteri obiettivi di valutazione (produttività, qualità ecc.). Sono talvolta assegnati anche superminimi individuali per premiare i meriti dei singoli dipendenti.
Normalmente la retribuzione viene conteggiata mese per mese, ma esistono forme, come il cottimo, in cui essa varia in base alla quantità prodotta: è il caso del lavoro a domicilio.
È prevista una maggiorazione della retribuzione per il lavoro a turni, per i turni notturni e il lavoro domenicale e festivo, per il lavoro straordinario.
Come viene organizzato il tempo di lavoro
L’orario di lavoro può variare a seconda del contratto adottato. Normalmente si lavora 40 ore per 5 giorni la settimana nei settori industriali e 36 ore nel pubblico per 6 giorni. In alcuni settori industriali la produzione viene garantita anche la notte e per 7 giorni la settimana sulla base del lavoro a turno, per il quale, in genere, sono previste riduzioni dell’orario fino a 32 ore settimanali.
Il lavoro straordinario non può superare le 2 ore giornaliere ed è retribuito con percentuali aggiuntive.
Il lavoro notturno non è consentito ai minori e alle donne, salvo, per queste ultime, se viene da esse accettato espressamente (v. oltre). Ferie e riposi settimanali sono regolati diversamente, a seconda del contratto che si ha.
Che cosa è la flessibilità dell’orario di lavoro
È la gestione non rigida degli orari, che consente, nella forma più utilizzata, elasticità in entrata e in uscita: l’orario di entrata può essere allungato di 1 ora e mezza e quello di uscita fino a 2.
Possono prevedersi fasce di flessibilità più lunghe, anche mensili: in questo caso si possono scaglionare anticipi e prolungamenti dell’orario su diversi giorni. Altre forme di flessibilità (oltre allo straordinario e al tempo parziale o part-time, per cui v. oltre) riguardano ad esempio l’orario multiperiodale, il calendario annuo, il lavoro nel fine settimana.
Sono possibili anche orari speciali per singole persone, purché concordati, su richiesta del lavoratore interessato, tra datore di lavoro e organizzazioni sindacali. I lavoratori impegnati in organismi di volontariato iscritti su registri regionali hanno il diritto a forme di flessibilità di orario e di turnazioni, compatibilmente con l’organizzazione aziendale.
Le donne possono svolgere lavoro notturno?
Sì, ad eccezione del lavoro svolto da mezzanotte alle 6 del mattino nelle aziende manifatturiere, salvo particolari disposizioni indicate nella contrattazione collettiva o aziendale.
Il divieto non vale per le donne che svolgono mansioni direttive o sono addette ai servizi di assistenza sanitaria aziendale. Le donne in stato di gravidanza e fino al compimento del 7o mese di età del bambino non possono in nessun caso svolgere lavoro notturno.
Che cosa deve fare chi è in cerca di occupazione
Deve iscriversi nelle liste dell’Ufficio di collocamento.
Chi altri può iscriversi nelle liste di collocamento
Le persone occupate a tempo parziale che desiderano una diversa occupazione e i pensionati di vecchiaia e anzianità.
Quale età è richiesta per l’iscrizione
Bisogna aver compiuto 15 anni e possedere il libretto di lavoro. Non è previsto alcun limite di età.
Ci sono criteri per formare le graduatorie nelle liste
Sì. Si tiene conto della situazione familiare, economica e patrimoniale dei richiedenti e dell’anzianità di iscrizione nelle liste.
Quando non è necessaria l’iscrizione alle liste del collocamento
Nel caso di coniuge e di parenti ed affini non oltre il terzo grado del datore di lavoro, del personale dirigente delle imprese private, del personale di concetto e specializzato assunto mediante concorso pubblico, di lavoratori esclusivamente a compartecipazione, compresi i mezzadri e i coloni parziali, di domestici e di portieri addetti a studi professionali e di addetti ai servizi familiari, di assunti per urgenti necessità o per motivi d’urgenza in agricoltura o da piccole aziende, di atleti per prestazioni di lavoro sportivo a titolo oneroso.
Che cos’è il libretto di lavoro
È un documento obbligatorio per tutti i lavoratori. Il suo possesso è necessario per l’iscrizione nelle liste di collocamento.
Che cosa succede se non si rispettano le norme sul collocamento
Al datore di lavoro sono comminate sanzioni amministrative da 500.000 a 3.000.000 di lire per lavoratore. Il contratto di lavoro può essere annullato su denuncia dell’Ufficio di collocamento entro 1 anno dalla data dell’assunzione del lavoratore.
Che cos’è l’apprendistato?
È uno speciale rapporto di lavoro nel quale l’apprendista riceve l’insegnamento necessario per diventare un lavoratore qualificato.
Possono essere assunti come apprendisti i giovani di età non inferiore a 16 anni e non superiore a 24 o 25 in alcune aree geografiche.
Tali limiti sono elevati a 26 e 28 anni nel caso in cui l’apprendista sia una persona portatrice di handicap.
Per il settore dell’artigianato è possibile elevare a 29 anni l’età massima per le qualifiche di alto contenuto professionale.
Quanto tempo può durare?
La durata minima è di 18 mesi. La massima è di 4 anni.
Terminato l’apprendistato che cosa avviene
L’apprendista sostiene le prove di idoneità all’esercizio del mestiere che ha formato oggetto dell’apprendistato, previste dai contratti collettivi di lavoro.
Ottenuta la qualifica, che deve essere scritta sul libretto di lavoro, il datore di lavoro può mantenere in servizio il lavoratore trasformando il suo rapporto in lavoro a tempo indeterminato con la qualifica conseguita con le prove di idoneità.
Il periodo di apprendistato è utile per l’anzianità di servizio.
Che cosa è il contratto di formazione e lavoro
I giovani tra i 16 e i 32 anni possono essere assunti, anche a tempo parziale, con contratto di formazione e lavoro sempre con il rispetto delle norme sul collocamento. Nel caso di profughi italiani non c’è limite di età.
Quanto può durare il contratto di formazione e lavoro
Non può superare i 24 mesi, ma un termine minore può essere previsto nei contratti collettivi. Alla fine, si può trasformare in contratto di lavoro a tempo indeterminato senza più vincoli formativi.
Quando è valido il contratto di formazione e lavoro
Se è stato stipulato per atto scritto. In caso contrario il contratto si considera fin dall’inizio a tempo indeterminato e può essere risolto dal datore di lavoro soltanto in presenza di giusta causa o giustificato motivo.
Sono previste agevolazioni per le aziende che assumono giovani con contratto di formazione e lavoro
Sì. Vi è un notevole sconto nel versamento dei contributi INPS, che in taluni casi può raggiungere il 50%.
Può esserci un periodo di prova
Deve essere esplicitamente pattuito e, se superato, il licenziamento non può avvenire prima del termine stabilito a meno che non ricorra una giusta causa.
Che cosa spetta al giovane al termine del rapporto di lavoro?
Tutte le indennità di fine rapporto.
Nel caso di riduzione di personale il giovane può essere licenziato?
No.
Nel caso di malattia e maternità quali norme si applicano?
Le disposizioni in vigore per il contratto di lavoro a tempo determinato. Il contratto si risolve alla scadenza del termine inizialmente stabilito anche se la lavoratrice è in maternità o è assente per malattia.
Che cosa è il rapporto di lavoro part-time (a tempo parziale)
È un’attività lavorativa subordinata svolta per un orario inferiore rispetto a quello ordinario e per periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese e dell’anno. Il part-time può essere stabilito nel contratto di lavoro al momento dell’assunzione e può essere richiesto durante lo svolgimento del rapporto di lavoro.
Quali sono le forme di lavoro part-time
Sono tre:
– part-time «orizzontale»: Il lavoratore lavora tutti i giorni ma con orario ridotto.
– part-time «verticale»: L’orario di lavoro è distribuito solo in alcuni giorni della settimana o del mese.
– part-time «ciclico»: Il lavoratore è impiegato solo in alcuni periodi dell’anno.
Chi può svolgere lavoro part-time
Tutti i lavoratori subordinati compresi i dirigenti, i titolari di contratto a termine, di formazione e lavoro e di apprendistato, nonché i soci di cooperative di produzione di lavoro.
Come trovare lavoro part-time?
Iscrivendosi in un’apposita lista presso gli Uftici di collocamento.
Chi è escluso dal lavoro part-time?
Gli operai agricoli, i lavoratori domestici e i viaggiatori e piazzisti.
Quali sono gli adempimenti formali richiesti
Il contratto deve essere fatto per iscritto e devono essere indicate le mansioni del lavoratore e la distribuzione dell’orario.
È obbligatoria anche la comunicazione all’Ispettorato del lavoro. La mancanza della forma scritta determina la nullità del contratto mentre l’omessa o tardiva comunicazione comporta una semplice irregolarità formale che non incide sulla validità del contratto, ma dà luogo all’applicazione di una sanzione amministrativa.
È possibile il passaggio dal tempo pieno al part-time
Sì, se c’è l’accordo scritto delle parti, convalidato dall’Ufficio provinciale del lavoro.
Se non c’è tale convalida il passaggio è escluso.
Come avviene il passaggio dal part-time al tempo pieno
Nel caso di assunzione di personale a tempo pieno è previsto un diritto di precedenza per chi svolge già lavoro part-time.
Durante il part-time è possibile effettuare lavoro straordinario?
No, salvo i casi in cui sia diversamente stabilito nei contratti collettivi.
È possibile il passaggio al part-time nel pubblico impiego?
Sì, ma il numero di ore di lavoro non deve superare la metà del lavoro ordinario. Il part-time consente di essere iscritti ad un albo professionale come quello di avvocati, commercialisti, architetti ecc.
Non possono svolgere lavoro part-time i militari, le forze di polizia ed i vigili del fuoco.
Quali sono gli adempimenti formali richiesti
È necessaria una domanda alla propria amministrazione nella quale si precisa l’attività che si vuole svolgere.
Sono ammessi tutti i lavori, ma non devono essere in contrasto con il lavoro svolto dal dipendente.
La trasformazione è automatica se l’amministrazione non risponde entro 60 giorni, ma può anche essere ritardata al massimo per 6 mesi.
Compete poi al dipendente comunicare, entro 15 giorni, la variazione dell’attività svolta.
Sono possibili assunzioni part-time nel pubblico impiego
Sì. È stato recentemente previsto che il 10% delle assunzioni per concorso debba avvenire con contratto di lavoro part-time con prestazione lavorativa non superiore al 50% di quello a tempo pieno.
Che cos’è il lavoro a domicilio
È quello svolto, con vincolo di subordinazione, nella propria abitazione o in luogo di cui si abbia la disponibilità, utilizzando materie prime, accessori e attrezzature proprie o dell’imprenditore.
Qual è la disciplina del lavoro a domicilio
I lavoratori, iscritti nelle liste di collocamento, possono essere assunti direttamente dal datore di lavoro che è obbligato a comunicare l’assunzione alla sezione circoscrizionale per l’impiego entro i 5 giorni successivi.
Il lavoratore a domicilio deve essere retribuito con tariffe di cottimo pieno cui vanno aggiunte le maggiorazioni in percentuale a titolo di gratifica natalizia, ferie, festività e alla cessazione del rapporto spetta l’indennità di fine rapporto secondo le norme in vigore per la generalità dei lavoratori.
Che cosa è il lavoro domestico
È quello svolto a favore di una comunità familiare o di altre comunità come collegi, convitti e caserme.
Qual è la disciplina del lavoro domestico
I datori di lavoro domestico possono attuare direttamente tutte le assunzioni. Il periodo di prova e pari a 8 giorni per i prestatori d’opera manuale specializzata o generica e a 1 mese per quelli con mansioni impiegatizie.
Sono riconosciute le ferie, l’indennità di preavviso e l’indennità di anzianità (Tfr). Per il licenziamento è obbligatorio solo il preavviso.
È possibile il ricorso al contratto a termine
Sì. Per lavori stagionali temporanei, per sostituire lavoratori assenti per la esecuzione di opere o servizi definiti e temporanei e per assumere i lavoratori delle «fasce deboli». È necessaria la forma scritta e la fissazione del termine.
Che cosa è l’indennità di disoccupazione?
È una indennità giornaliera corrisposta per un periodo massimo di 180 giorni riducibili di 30 giorni nel caso di disoccupazione volontaria per dimissioni o licenziamento per giusta causa.
In quali casi è corrisposta
Se c’è un anno di contribuzione nel biennio precedente la data di inizio della disoccupazione; se sono trascorsi almeno 2 anni dalla data di iscrizione all’INPS; se c’è l’iscrizione all’Ufficio di collocamento.
Da quale ente è pagata?
Dall’INPS su domanda presentata alla sezione comunale dell’Ufficio provinciale del lavoro. Per tutto il periodo di corresponsione dell’indennità è previsto l’accredito dei contributi figurativi.
Che cosa è il tattamento speciale di disoccupazione
È quello che spetta ai lavoratori del settore edile che abbiano almeno 10 contributi mensili (o 43 contributi settimanali) e che siano iscritti nelle liste di collocamento.
L’importo e pari all’80% della retribuzione delle ultime 4 settimane di lavoro e non può superare un certo importo mensile.
È pagato dall’INPS per 90 giorni, ma, in presenza di determinati requisiti può durare fino a 18 o 27 mesi.
Che cosa è la cassa integrazione guadagni (CIG)?
Oltre alle sospensioni del lavoro nell’interesse del lavoratore (ferie, malattia, maternità ecc.) sono previste sospensioni anche nell’interesse dell’impresa.
La riduzione parziale o totale dell’orario di lavoro nei casi previsti dalla legge, fa scattare la CIG all’80% della retribuzione, gestita dall’INPS. Si distinguono due tipi di intervento; la CIG ordinaria, e pari normalmente a 13 settimane continuative (in casi eccezionali può essere prorogata di 3 mesi in 3 mesi fino a un massimo di 1 anno nel biennio) e viene corrisposta a operai, impiegati e quadri (esclusi lavoratori a domicilio e apprendisti) per situazioni aziendali dovute a eventi imprevisti non imputabili all’impresa (calamità naturali, incendi ecc.) o a situazioni temporanee di mercato; la CIG straordinaria, concessa dal ministero del Lavoro alle imprese con più di 15 dipendenti (fanno eccezione le aziende editrici) o, in certi casi, con più di 50 (commercio, viaggi e turismo), solo relativamente a lavoratori assunti da almeno 90 giorni, nei casi di ristrutturazione, riorganizzazione o riconversioni aziendali (CIG concessa per un massimo di 24 mesi, con possibilità di due proroghe di 12 mesi ciascuna, per un massimo comunque di 36 mesi nell’arco di 5 anni), crisi aziendale (durata massima CIG 12 mesi con possibilità di proroga 12 più 12, ma senza continuità), ammissione dell’impresa alle procedure concorsuali (CIG di 12 mesi, prorogabili di 6).
Chi è in CIG può lavorare altrimenti?
Sì, può svolgere lavoro autonomo o dipendente dandone comunicazione alla sede provinciale INPS e rinunciando, in tal modo, alla integrazione salariale per le giornate lavorate. In caso di mancata comunicazione il lavoratore perde il diritto all’integrazione per tutta la durata della CIG.
I periodi di CIG sono utili ai fini della pensione
Sì, e i contributi sono commisurati all’intera retribuzione che il cassintegrato avrebbe percepito sulla base del normale rapporto di lavoro.
Permane il diritto all’assistenza sanitaria e agli assegni per il nucleo familiare
Sì.
E il diritto all’indennità giornaliera di malattia e di maternità per astensione obbligatoria?
Sì; in questo caso i periodi ordinari e straordinari di CIG sono equiparati ai periodi di effettivo svolgimento dell’attività lavorativa.
Che cosa è la mobilità?
È una speciale procedura prevista dalla legge finalizzata al licenziamento di uno o più lavoratori in seguito ad un periodo di cassa integrazione guadagni, che inizia a seguito di riduzione e trasformazione dell’attività di lavoro o per cessazione dell’attività dell’azienda.
Essa avviene sotto il controllo del sindacato con il quale il datore di lavoro cerca di raggiungere un accordo che può anche non avvenire. Conclusa la procedura il datore di lavoro nel rispetto dei criteri stabiliti dalla legge, può intimare i licenziamenti per i quali non occorre il consenso dei lavoratori.
Che cos’è l’indennità di mobilità
È una indennità che ricevono i lavoratori licenziati, iscritti nelle liste regionali di mobilità per un certo periodo di tempo, in attesa di una nuova occupazione.
Ne sono esclusi i dirigenti, gli apprendisti, i giovani con contratto di formazione e lavoro, i lavoratori stagionali o saltuari, chi ha un contratto a termine o è dimissionario.
È corrisposta per 1 anno ai lavoratori tra i 18 e i 39 anni, per 2 anni ai lavoratori da 40 a 49 anni e per 3 anni a chi ha più di 50 anni. Periodi più lunghi sono previsti per il sud e alcune aziende.
In quali casi è corrisposta?
Se il licenziamento è avvenuto per riduzione del personale o per cessazione dell’attività dell’azienda.
Se i lavoratori erano stati assunti per contratto a tempo indeterminato, con qualifica di operaio, impiegato o quadro ed avevano un’anzianità di almeno 12 mesi di cui 6 di effettivo lavoro.
Da quale ente è pagata?
Dall’INPS su domanda presentata entro 68 giorni dall’avvenuto licenziamento. In caso di diniego è possibile il ricorso al Comitato Provinciale dell’INPS. La misura dell’indennità è pari all’80% della retribuzione nei limiti di alcuni tetti massimi mensili.
Per tutto il periodo di corresponsione dell’indennità è previsto l’accredito dei contributi figurativi.
Che cosa è l’assegno di incollocabilità?
È quello pagato ai mutilati e invalidi del lavoro che non hanno titolo al collocamento obbligatorio presso aziende private e che sono titolari di bassi redditi.
Che cosa sono le borse di lavoro
Sono sussidi erogati ai giovani dai 21 ai 32 anni, in cerca di prima occupazione e iscritti da più di 2 anni e mezzo nelle liste di collocamento che vivono in alcune regioni (Sardegna, Sicilia, Calabria, Campania, Basilicata, Puglia, Abruzzo e Molise) e provincie (Roma, Latina, Viterbo, Frosinone e Massa Carrara), nelle quali nel 1996 c’è stato un tasso medico annuo di disoccupazione superiore alla media nazionale.
La durata della base non può superare i 12 mesi.
Il suo importo è di 800 mila lire mensili ed è pagato dall’INPS a seguito di attestato mensile da parte delle imprese. I giovani possono essere assunti a tempo indeterminato durante e al termine delle borse di lavoro.
Qual è la procedura per ottenerle?
I giovani devono prendere visione presso gli uffici dell’INPS delle aziende autorizzate a ricevere i borsisti e presentare domanda di assunzione precisando di avere i requisiti richiesti e la certificazione dell’Ufficio di collocamento.
La scelta compete all’azienda che comunicherà poi all’INPS i nominativi dei giovani borsisti .
Che cosa sono i contratti di solidarietà
Rientrano negli interventi a favore dell’occupazione e si hanno quando le aziende stipulano contratti collettivi aziendali finalizzati a una riduzione stabile dell’orario di lavoro con conseguente riduzione delle retribuzioni e contemporaneamente si evitano (o riducono) i licenziamenti in caso di crisi aziendale (c.d. contratti di solidarietà «difensivi») oppure procedono a nuove assunzioni a tempo indeterminato. (c.d. contratti di solidarietà «espansivi»).
Nel primo caso lo Stato concede ai lavoratori un’indennità pari al 60% del salario non percepito. Nel secondo caso il datore di lavoro beneficia per 3 anni, per ogni lavoratore assunto, di un contributo, calcolato sulla retribuzione lorda globale, della misura a scalare del 15%, del 10% e del 5% per ogni anno. Il contributo è del 30% per le aziende del mezzogiorno.
Che cosa è il lavoro interinale o «in affitto»?
Al fine di garantire un contatto immediato tra giovani e aziende, alcune società di intermediazione, legalmente autorizzate dal Ministero del Lavoro mettono a disposizione della impresa richiedente il lavoratore per un periodo di tempo determinato, con un contratto di lavoro temporaneo.
È consentito per sostituire lavoratori assenti, per figure professionali che non esistono nell’azienda e in tutti i casi stabiliti dai contratti di categoria. Il lavoro in affitto è vietato per sostituire lavoratori in sciopero licenziati con procedure di licenziamento collettivo. La retribuzione è quella che percepirebbe se fosse dipendente dell’impresa.
Quali modalità si devono seguire
Gli interessati (disoccupati, giovani in genere di prima occupazione, mamme con figli cresciuti) devono rivolgersi alle agenzie abilitate dal Ministero (20 in tutto) segnalando la propria disponibilità. Il servizio svolto è del tutto gratuito
Che cosa è il lavoro di coppia o «a staffetta»?
È una prestazione condivisa da due lavoratori che autonomamente si dividono orari e turni che di volta in volta sottopongono all’azienda, rimanendo ambedue responsabili per l’intera prestazione.
In caso di assenza di uno (ad es. malattia, maternità) chi resta è tenuto a svolgere l’attività per intero a meno che non si concordi una sostituzione con il datore di lavoro.
Che cosa differenzia il lavoro di coppia dal part-time
Oltre la responsabilità in solido, la coppia ha una grande autonomia contrattuale mentre nel part-time gli orari sono predeterminanti e non soggetti a variazione.
Dal punto di vista previdenziale, si fa invece riferimento al tempo parziale, ma il calcolo delle ore viene effettuato successivamente dandone comunicazione all’INPS.
Che cosa sono i piani di inserimento professionale?
È un mezzo per attuare il collocamento dei giovani tra i 19 e i 32 anni (35 per i disoccupati di lunga durata) nelle aree depresse ed in quelle che hanno un elevato squilibrio tra domanda e offerta di lavoro.
L’indennità prevista è di 600mila lire più 800mila lire quale rimborso per chi si sposta dal Sud in altre regioni.
Che cos’è il prestito d’onore?
È un aiuto economico ai disoccupati e inoccupati da almeno 6 mesi di oltre 18 anni, (non ci sono altri limiti di età), residenti in zone depresse e in quelle in cui c’è squilibrio tra domanda e offerta di lavoro per mettersi in proprio.
Chi ha le idee più valide è ammesso ad un corso di formazione-selezione.ù
Che cos’è il telelavoro?
È il lavoro dipendente svolto utilizzando strutture telematiche nell’abitazione del lavoratore o in un centro di telelavoro sotto le direttive del datore di lavoro.
L’accordo tra le parti deve essere fatto per iscritto fissando le modalità del suo svolgimento.L’orario di lavoro è libero anche se il lavoratore deve rendersi disponibile in una fascia oraria giornaliera o settimanale o mensile.
I doveri sono quelli dei lavoratori.
Le apparecchiature e la loro manutenzione sono a carico dell’azienda.
Devono essere rispettate le norme sulla sicurezza comprese le pause per chi usa i videoterminali.
Che cosa sono i lavori socialmente utili?
Sono quelli che possono svolgere i giovani di età compresa tra i 21 e 32 anni, iscritti da più di 30 mesi alla prima classe delle liste di collocamento residenti in determinate regioni e province.
La domanda va presentata alla sezione circoscrizionale per l’impiego che provvede all’assegnazione dei giovani ai vari progetti di durata limitata.
Essi ricevono un sussidio di 800 mila lire al mese per un massimo di 12 mesi, che è pagato dall’INPS.
Non danno luogo alla instaurazione di un rapporto di lavoro e permane l’iscrizione alle liste di collocamento o di mobilità.
È tutelata l’integrità psicofisica dei lavoratori
Si. La protezione, incondizionata e assoluta, riguarda l’incolumità della persona e comprende anche la sua sfera sociale.
Con quali misure è attuata la tutela della salute dei lavoratori
Il datore di lavoro ha l’obbligo di adottare nei luoghi di lavoro tutte quelle misure di sicurezza tecnico scientifiche suggerite dall’esperienza, che appaiono necessarie, utili e opportune a prevenire i rischi di malattie e di infortuni e a garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro (utilizzo limitato di agenti chimici, fisici e biologici, misure igieniche, misure di protezione collettiva ed individuale, limitazione del numero degli esposti al rischio, ecc.).
Quali altri obblighi competono al datore di lavoro
Oltre a organizzare all’interno dell’azienda il servizio di prevenzione e protezione, deve dare a tutti i lavoratori una formazione ed informazione sufficiente e adeguata in materia di sicurezza e salute con particolare riguardo alle loro mansioni sia ai momento dell’assunzione sia successivamente nei casi di cambiamento di lavoro e di adozione di nuove tecnologie e sostanze pericolose, nonché attuare accertamenti sanitari periodici.
Che cosa succede se non si rispettano le norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro
Sono previste , secondo la gravità delle violazioni fatte da parte del datore di lavoro e dei dirigenti, l’arresto fino a 6 mesi e multe fino ad 8 milioni.
Che cosa sono le molestie sessuali sul luogo di lavoro
Ogni comportamento indesiderato a connotazione sessuale o qualsiasi comportamento basato sul sesso che offende la dignità delle donne e degli uomini nel mondo del lavoro, inclusi atteggiamenti malaccetti di tipo fisico, verbale o non verbale.
Come ci si può difendere?
Quasi tutti i contratti di lavoro prevedono interventi per prevenire e far cessare comportamenti molesti e l’obbligo per il datore di lavoro di garantire un ambiente non contaminato da ricatti e molestie sessuali, tuttavia in Italia non esiste ancora una legge specifica sulla materia.
Chi voglia denunciare una molestia può invocare reati quali atti di libidine violenta, atti osceni, atti contrari alla pubblica decenza, molestie in luogo pubblico.
Ci si può inoltre appellare all’art. 2087 del codice civile, che impone al datore di lavoro di tutelare la personalità morale del dipendente. Infine, in quasi tutti i contratti collettivi di lavoro è stato recepito il Codice di condotta europeo (1991). Ci si può difendere perciò ricorrendo al contratto della propria categoria.
Che cosa avviene se durante il rapporto di lavoro si verificano infortuni, malattie, stati di gravidanza o puerperio
Il rapporto di lavoro si sospende, viene meno il diritto dell’imprenditore alla prestazione di lavoro, ma permane per un certo tempo la retribuzione o una indennità nella misura e per il tempo determinato dalla legge. Inoltre, decorre l’anzianità di servizio.
Quali sono le forme di tutela per la lavoratrice madre
Non può essere licenziata dall’inizio della gravidanza fino al compimento di 1 anno di età del bambino e fino al 3o mese dopo il parto nel caso di morte del feto e del neonato.
Inoltre la donna non può essere impiegata durante la gravidanza e fino a 7 mesi dopo il parto in lavori pericolosi, faticosi e insalubri che la espongono a particolari agenti nocivi fisici, chimici o biologici o a condizioni di lavoro disagevoli (es. rischio del piombo e dei suoi derivanti).
Ha diritto a permessi retribuiti per effettuare esami prenatali, accertamenti clinici o visite mediche specialistiche se gli stessi devono essere eseguiti durante l’orario di lavoro.
Per fruirne la lavoratrice deve presentare al datore di lavoro una domanda e successivamente la documentazione attestante gli accertamenti effettuati.
Se la donna viene licenziata, può essere riassunta se entro 90 giorni dal licenziamento presenta un certificato che dimostra che all’epoca del licenziamento, era incinta.
Che cosa avviene se il datore di lavoro viola le norme a tutela delle lavoratrici madri
Sono previste, nei casi più gravi, pene detentive (arresto fino a 6 mesi) ed anche sanzioni amministrative:
– da 2 milioni a 5 milioni se viene violato il divieto di licenziamento della lavoratrice dall’inizio della gravidanza fino al compimento di 1 anno di età del bambino;
– da 1 milione a 5 milioni in caso di violazione delle altre norme di tutela.
In quali casi non opera il divieto
Se c’è colpa grave da parte della lavoratrice che costituisce giusta causa di risoluzione del rapporto di lavoro, se cessa l’attività dell’azienda cui è addetta e se terminano le prestazioni per le quali la lavoratrice è stata assunta o il rapporto si risolve per la scadenza del termine.
Quando ha diritto alle astensioni dal lavoro, obbligatorie e facoltative, la donna lavoratrice?
Si deve astenere obbligatoriamente dal lavoro nei 2 mesi precedenti la data presunta del parto e nei 3 mesi successivi alla nascita del figlio.
Questa astensione è anticipata a 3 mesi prima del parto se la donna compie lavori particolarmente gravosi.
La donna ha anche facoltà di astenersi dal lavoro fino a 6 mesi entro il primo anno di vita del bambino; inoltre se il bambino si ammala, entro i primi 3 anni di vita, la donna si può allontanare dal lavoro, presentando un certificato medico che attesti la malattia del bambino.
E per l’allattamento?
La donna ha diritto durante il 1° anno di vita del bambino a due periodi di riposo al giorno predeterminati con accordo con il datore di lavoro, di 1 ora ciascuno, separati o consecutivi, considerati come ore lavorative a tutti gli effetti, nel quali si può uscire dall’azienda.
Il riposo è uno solo (di 1 ora) quando il lavoro giornaliero è inferiore alle 6 ore. Se la donna usufruisce della camera di allattamento o dell’asilo-nido che si trova nei locali del datore di lavoro, i periodi di riposo sono di mezz’ora ciascuno senza poter uscire dall’azienda.
A quali altre astensioni ha diritto la madre lavoratrice
Se il figlio è portatore di handicap grave la madre (o, in alternativa, il padre) può prolungare l’assenza facoltativa fino a 3 anni, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati.
Se non ne usufruisce, ha diritto a 2 ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di età del bambino. Per poterne godere è necessaria una domanda al datore di lavoro, con l’indicazione del periodo di assenza, nonché una dichiarazione della U.S.L. dalla quale risulti che il bambino è portatore di handicap grave.
Dopo il terzo anno di età del bambino la madre (o, in alternativa, il padre) ha diritto, sempre che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, a 3 giorni di permesso mensile retribuito, anche continuativi. Tali diritti spettano anche ai genitori adottivi o affidatari.
Quali altri diritti spettano ai genitori di un bambino con handicap grave?
Possono scegliere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non possono essere trasferiti in altra sede, senza il loro consenso
A quali condizioni alla lavoratrice madre spetta l’indennità giornaliera di maternità
In presenza di un rapporto di lavoro o entro 60 giorni dalla sua cessazione. Successivamente l’indennità di maternità è pagata se si ha diritto all’indennità di disoccupazione.
Qual è l’ammontare dell’indennità giornaliera di maternità
Le lavoratrici dipendenti da privati hanno diritto a un’indennità giornaliera pari all’80% dello stipendio. Nel caso di astensione facoltativa, si ha diritto al 30% dello stipendio; per le altre assenze dovute a malattie del bambino, entro i 3 anni di età, non si ha diritto a nessuna retribuzione. (Alcuni contratti collettivi hanno di recente elevato la misura dell’indennità al 100%).
Nel pubblico impiego, durante l’assenza obbligatoria, la donna riceve lo stesso stipendio di quando lavora.
Se l’indennità di maternità corrisposta alle lavoratrici dagli enti previdenziali competenti, è inferiore all’importo dell’assegno per maternità corrisposto alle madri non lavoratrici, le lavoratrici interessate possono chiedere al Comune di residenza la differenza.
Da chi viene pagata l’indennità di maternità
Alle dipendenti pubbliche, dalle amministrazioni presso cui prestano lavoro; alle lavoratrici del settore privato, l’indennità viene corrisposta dall’INPS.
Che cosa avviene in caso di interruzione della gravidanza
Se l’interruzione della gravidanza avviene prima del 180 giorno dall’inizio della gravidanza, si considera come malattia; se avviene successivamente si considera come parto prematuro.
In questo caso la donna ha diritto all’astensione dal lavoro della durata di 3 mesi e al relativo trattamento economico.
Quali certificati sono necessari per ottenere l’indennità di maternità
Il certificato medico con la data presunta del parto. In caso di interruzione della gravidanza, deve essere presentato al datore di lavoro e all’INPS, entro 15 giorni, il certificato che attesta il mese di gravidanza in cui si trovava la lavoratrice e quella che sarebbe stata la data presunta del parto.
Che cosa avviene se il certificato di gravidanza viene presentato oltre i termini o non viene presentato affatto
Bisogna allegare alla richiesta di indennità di maternità il certificato di assistenza al parto o altro certificato che comprovi le generalità della madre e la data di nascita del bambino.
Se una donna si assenta dal lavoro a causa di malattia del suo bambino, può essere soggetta a controlli effettuati dall’azienda presso cui presta lavoro
Se l’azienda è privata no, se è pubblica sono possibili controlli da parte della USL.
La lavoratrice madre che lavora part-time ha diritto ai riposi per l’allattamento e all’indennità di maternità?
Sì, in base alle ore lavorative giornaliere.
Le lavoratrici autonome hanno diritto all’assegno di maternità?
Ne hanno diritto le libere professioniste, le coltivatrici dirette, mezzadre e colone, le artigiane e commercianti.
L’importo varia per le diverse categorie sopra indicate.
E le donne che non lavorano?
Sì. Con riferimento ai figli nati dopo il 1o luglio 1999, alle madri cittadine italiane residenti, che non beneficiano del trattamento previdenziale dell’indennità di maternità per le lavoratrici, è concesso un assegno per maternità mensile, nel limite massimo di 5 mensilità.
L’assegno viene concesso e pagato, su domanda degli interessati, dal Comune di residenza.
Esso spetta se non si supera un certo reddito annuo del nucleo familiare.
Se l’indennità di maternità corrisposta alle lavoratrici dagli enti previdenziali competenti, è inferiore all’importo dell’assegno per maternità, le lavoratrici interessate possono chiedere ai Comuni la differenza.
Che cosa è l’assegno per famiglie numerose
Con 3 o più figli sotto i 18 anni e reddito del nucleo familiare inferiore a un certo limite (attualmente 36.000.000 annui), è previsto un assegno mensile, per un massimo di 13 mensilità, erogato dal Comune di residenza, al quale gli interessati devono fare domanda.
Nel caso il figlio sia affidato o adottato, ci sono differenze circa i diritti della madre lavoratrice
Se il bambino è di età inferiore ai 6 anni, la madre ha diritto all’astensione obbligatoria di 3 mesi dopo l’affidamento o l’adozione; se il bimbo è di età inferiore a 3 anni la madre ha diritto anche all’astensione facoltativa di 6 mesi, e alle assenze per malattia del bambino.
Al padre lavoratore si possono applicare le norme sulla tutela della maternità
Sì: ha diritto ad usufruire delle astensioni facoltative in sostituzione della madre lavoratrice. Inoltre ha diritto all’astensione obbligatoria successiva al parto e ai riposi in caso di grave infermità o decesso della madre.
Il padre lavoratore ha diritto anche in via generale e in ogni caso, in alternativa alla madre lavoratrice consenziente, ai riposi giornalieri per assistere il figlio nel suo primo anno di vita.
In tale caso è necessaria una dichiarazione al proprio datore di lavoro da cui risulti la rinuncia della madre ad avvalersi degli stessi diritti.
Quali sono le indennità che competono alla fine del rapporto di lavoro
Oltre al trattamento di pensione che spetta a tutti in presenza dei requisiti previsti dalla legge, nell’impiego privato alla cessazione del rapporto di lavoro è corrisposto il trattamento di fine rapporto (TFR), che è dovuto anche nel caso di licenziamento per colpa e di dimissioni volontarie.
Compete inoltre la liquidazione del preavviso indipendentemente dal motivo delle dimissioni.
Ai dipendenti pubblici è corrisposta una liquidazione calcolata tenendo conto degli anni di servizio (una mensilità per ogni anno di lavoro prestato).
A quali condizioni è ammesso il trasferimento nel pubblico impiego
L’amministrazione pubblica, nel disporre il trasferimento dell’impiegato, oltre alle motivate esigenze di servizio deve tener conto delle condizioni di famiglia, di eventuali necessità di studio del dipendente e dei propri figli nonché del servizio già prestato in sedi disagiate.
Quali diritti ha il lavoratore portatore di handicap?
Ha diritto a tutte le prestazioni stabilite in suo favore secondo la natura e la consistenza della minorazione e al collocamento obbligatorio.
Se in situazione di gravità ha diritto durante la prestazione del lavoro a 2 ore di permesso giornaliero retribuito o, in alternativa, a 3 giorni, anche continuativi, di permesso mensile retribuito.
I 3 giorni possono essere anche frazionati a mezze giornate lavorative prendendo a riferimento, per il relativo calcolo, l’orario complessivo di lavoro giornaliero. Può inoltre scegliere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito in altra sede, senza il suo consenso.
Il lavoratore che convive con portatore di handicap ha diritto a permessi
Sì. Può usufruire di 3 giorni, anche continuativi, di permesso mensile retribuito se assiste una persona con handicap grave, parente o affine entro il terzo grado e convivente.
Inoltre può scegliere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito in altra sede, senza il suo consenso.
Secondo la giurisprudenza tale beneficio spetta solo nel caso in cui sia necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale e quando non ci sono altri familiari in grado di prestarlo.
© Avv. Andrea Marzorati – Vietata la riproduzione anche parziale (tutti i contenuti sono protetti dal diritto d’autore)