Pensioni e previdenza sociale
Studio Legale Marzorati | Avvocato Milano
Le prestazioni previdenziali e assistenziali sono previste dalla legge con riferimento ad alcune situazioni di bisogno dei cittadini.
È opportuno conoscere la normativa al riguardo, per poterne usufruire nei casi previsti.
Quali sono le prestazioni previdenziali?
Sono le pensioni, le indennità e gli assegni corrisposti ai lavoratori quando si verificano determinati eventi come l’infortunio, la malattia, la cessazione del lavoro per raggiunti limiti di età e per invalidità. Spettano anche ai familiari alla morte del lavoratore assicurato.
Chi ha diritto alla pensione?
Tutti i lavoratori che prestano lavoro dipendente retribuito, senza distinzione di sesso e nazionalità.
I datori di lavoro sono obbligati al versamento dei contributi previdenziali.
A quali enti si devono versare i contributi?
All’INPS (Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale) per l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti e all’INAIL (Istituto Nazionale Assistenza Infortuni sul Lavoro) per l’assicurazione infortuni e le malattie professionali.
Esistono anche altri enti e fondi per la copertura previdenziale di particolari categorie di lavoratori.
Da che cosa sono costituite le pensioni?
Le pensioni erogate dall’INPS sono costituite dalla pensione base, dall’assegno per il nucleo familiare («assegni familiari») se spetta, e dalla tredicesima mensilità.
Le pensioni erogate dagli altri enti pubblici sono costituite dalla pensione base, dalle indennità integrative speciali, dalle quote di aggiunta di famiglia se spettano e dalla tredicesima mensilità.
Che differenza c’è tra le pensioni dirette e quelle indirette?
Le pensioni dirette sono versate al pensionato in virtù di un precedente rapporto di lavoro; le pensioni indirette spettano ai familiari in caso di morte del lavoratore.
Che cosa sono le pensioni di riversibilità?
Sono le pensioni indirette che, in caso di morte del lavoratore già pensionato, vengono corrisposte ai suoi familiari.
Che cosa sono le pensioni ai superstiti?
Sono le pensioni indirette che spettano ai familiari del lavoratore deceduto in attività di servizio.
Che differenza c’è fra pensione di vecchiaia e pensione di anzianità?
Per il conseguimento della pensione di vecchiaia occorre avere maturato l’età stabilita e un minimo di contribuzione. Per la pensione di anzianità, occorrono determinati requisiti di età e di contribuzione.
A quale età, gli iscritti all’INPS o ad altri istituti previdenziali hanno diritto alla pensione di vecchiaia?
L’età è differenziata secondo il sesso e l’epoca del pensionamento, secondo la seguente tabella:
DECORRENZA DELLA PENSIONE
Dal 1.01.1998 al 30.06.1998 |
DONNE
58 |
UOMINI
63 |
Tali requisiti non riguardano i coltivatori diretti, i coloni, i mezzadri, gli artigiani e i commercianti per i quali la legge già prevede l’età di 60 anni per le donne e 65 per gli uomini.
Con almeno quanti anni di contribuzione gli iscritti all’INPS o ad altri istituti previdenziali hanno diritto alla pensione di vecchiaia?
Dal 1° gennaio 1997, il requisito minimo contributivo richiesto per la pensione di vecchiaia è di 18 anni.
Per gli anni successivi si applica la seguente tabella:
PERIODI DI RIFERIMENTO
Dal 1.01.1998 al 31.12.1998 |
ANNI MINIMI DI CONTRIBUZIONE
18 |
In quali casi si applicano requisiti contributivi più favorevoli?
Permane l’applicazione del requisito contributivo di 15 anni nei seguenti casi:
– per coloro che al 31 dicembre 1992 avevano la «vecchia» età pensionabile e cioè 60 anni gli uomini e 55 le donne;
– per coloro che al 31 dicembre 1992 avevano maturato già i 15 anni;
– per coloro che al 31 dicembre 1992 erano autorizzati a versare i contributi volontari.
Gli iscritti all’INPS o ad altri istituti previdenziali possono lavorare oltre l’età pensionabile?
Sì. Donne e uomini possono proseguire l’attività lavorativa fino al compimento dei 65 anni anche se hanno maturato i requisiti di età e di contribuzione per il diritto alla pensione di vecchiaia; in tal caso devono darne comunicazione al datore di lavoro almeno 6 mesi prima che siano maturati tali requisiti.
In tal caso il calcolo della pensione sarà più favorevole.
In quali casi è ridotta l’età pensionabile?
Nel caso dei lavoratori non vedenti e degli invalidi in misura non inferiore all’80 per cento, nonché di particolari categorie indicate dalla legge.
I limiti di età sono anticipati di 2 mesi per ogni anno di occupazione per chi svolge attività usuranti fino ad un massimo di 5 anni.
Le attività usuranti, pur essendo individuate dalla legge, non sono state ancora del tutto definite.
A quale età i dipendenti statali hanno diritto alla pensione di vecchiaia?
Gli uomini restano fino a 65 anni, le donne possono anticipare il pensionamento a 60 anni senza alcuna riduzione, salvo continuare a lavorare fino a 65 anni. Chi lo desidera può continuare il rapporto di lavoro fino a 67 anni, presentando richiesta alla propria amministrazione.
A quali condizioni i lavoratori dipendenti hanno diritto alla pensione di anzianità?
Occorre cessare l’attività lavorativa dipendente, avere almeno 35 anni di contribuzione e determinati requisiti di età come da tabella che segue:
ANNO DI PENSIONAMENTO
1998 |
ETÀ E ANZIANITÀ
54 e 35 |
Si prescinde dall’età se si cessa l’attività lavorativa dipendente e si ha l’anzianità contributiva indicata nella tabella che segue:
ANNO
1998 |
ANZIANITÀ
36 |
Sono previsti requisiti più favorevoli per la pensione di anzianità?
Sì. Per particolari categorie di lavoratori dipendenti è previsto un diverso requisito anagrafico in presenza di un’anzianità contributiva di 35 anni.
Si tratta dei lavoratori qualificati contrattualmente come operai e categorie ad essi equiparati, compresi gli addetti a lavori particolarmente usuranti e i lavoratori precari che hanno iniziato a lavorare tra i 14 e i 18 anni.
A questi vanno aggiunti i lavoratori in cassa integrazione, in mobilità e in prosecuzione volontaria. I requisiti sono indicati nella tabella che segue:
ANNO DI PENSIONAMENTO
1998 |
CONTRIBUTI
35 |
ETÀ
53 |
La pensione di anzianità può essere richiesta in qualunque momento?
L’esercizio non dipende soltanto dalla volontà del soggetto, ma è condizionato da precise scadenze stabilite dalla legge.
Per il 1998 sono state differite di tre mesi le varie «finestre» delle anzianità dei lavoratori dipendenti già previste nell’anno.
Ne sono esclusi i lavoratori in mobilità, in cassa integrazione straordinaria e in prosecuzione volontaria.
Soltanto chi ha maturato un’anzianità contributiva di 40 anni al 31 dicembre 1997 può ottenere la pensione di anzianità dal 1o gennaio 1998.
In quali casi si può richiedere il pensionamento anticipato?
Quando il rapporto di lavoro cessa per motivi di salute del lavoratore.
In questo caso si può richiedere la pensione di invalidità e l’assegno di invalidità.
Con almeno quanti anni di servizio i dipendenti statali hanno diritto alla pensione di vecchiaia?
Almeno 20 anni (minimo contributivo); se al compimento del 65o anno detto periodo non è maturato, possono chiedere di rimanere in servizio finché esso non sia compiuto.
È possibile nel settore statale esercitare in anticipo il diritto alla pensione?
Dal 1° gennaio 1998, l’accesso al pensionamento è regolato dalle norme INPS e cioè non prima dei 35 anni di servizio con lo sconto di un anno sull’età anagrafica, 53 anni anziché 54.
A quale età i lavoratori autonomi hanno diritto alla pensione di anzianità?
Fino al 2000 si conseguirà con almeno 35 anni di contribuzioni e 57 anni di età o in alternativa, al raggiungimento di una anzianità contributiva non inferiore a 40 anni.
Dal 2001 in poi il diritto alla pensione di anzianità si conseguirà con 35 anni contribuzione e 58 di età o con il solo requisito di 40 anni di contribuzione.
Come si calcola l’importo della pensione?
Per gli iscritti all’INPS o ad altri istituti previdenziali, il calcolo della pensione è distinto in due quote: una riferita all’anzianità contributiva maturata fino al 1992 e l’altra a quella maturata dal 1993 in poi.
Esso si determina in base a precise fasce di retribuzione e ad aliquote annue di rendimento con la precisazione che l’aliquota piena del 2% si applica soltanto a chi ha retribuzioni fino a 62.993.000, mentre per chi percepisce retribuzioni superiori sono previste aliquote ridotte.
Per i dipendenti statali si fa riferimento all’ultima retribuzione percepita, ma è in atto una progressiva equiparazione alla normativa prevista per l’INPS, in quanto la riforma del sistema pensionistico italiano prevede il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo per cui il calcolo della pensione non avrpiù come riferimento la retribuzione, ma i contributi versati da capitalizzare con appositi indici di à trasformazione.
Che cosa è il sistema contributivo?
È il nuovo sistema introdotto dalla riforma pensionistica per il calcolo delle pensioni da liquidare ai lavoratori pubblici e privati assicurati dal 1o gennaio 1996.
Esso gradualmente sostituirà il sistema retributivo attualmente in vigore che continua ad essere applicato ai lavoratori che avevano maturato al 31 dicembre 1995 l’anzianità contributiva di 18 anni.
A quanti, invece, avevano un’anzianità inferiore ai 18 anni, al 31 dicembre 1995, si applicheranno i due sistemi (retributivo per i periodi sino al 1995 e contributivo dal 1o gennaio 1996).
I periodi di congedo obbligatorio e facoltativo per maternità sono computati ai fini dall’anzianità contributiva?
Sì, alle seguenti condizioni:
– per i periodi di astensione obbligatoria e facoltativa in presenza di rapporto di lavoro, non viene richiesto alcun contributo precedente;
– per i periodi successivi al 1o gennaio 1994 l’astensione obbligatoria dal lavoro che si verifichi al di fuori del rapporto di lavoro, e cioè prima o dopo il rapporto, occorrono almeno 5 anni di contribuzione effettiva all’atto della domanda.
Quali altri periodi sono automaticamente compresi nell’anzianità contributiva?
La malattia, il servizio militare, il servizio civile e i periodi di aspettativa per svolgere funzioni pubbliche elettive e cariche sindacali. La copertura assicurativa è concessa a domanda.
È possibile il riscatto del corso legale di laurea ai fini dell’anzianità contributiva?
Sì, versando i relativi contributi secondo regole e condizioni diverse per ogni Fondo previdenziale.
Sono possibili altri riscatti a pagamento?
Sì, relativamente ai periodi non coperti da assicurazione e successivi al 1o gennaio 1994 di assenza facoltativa dal lavoro per maternità o di congedo per motivi familiari, chiesti per assistere e curare disabili in misura non inferiore all’80 per cento.
Il riscatto è possibile nella misura massima di 5 anni.
Condizione per la richiesta è la presenza di almeno 5 anni di contribuzione anche se successivamente non c’è più stato un rapporto di lavoro. Tale riscatto non può essere cumulato con quello relativo al corso di laurea.
Per i lavoratori dipendenti iscritti all’INPS è possibile riscattare alcuni periodi di inoccupazione successivi al 31 dicembre 1996 come le aspettative non retribuite, i periodi di formazione professionale, i lavori temporanei, ecc..
Se si hanno posizioni assicurative in enti diversi si può avere un unico trattamento di pensione?
Sì, su domanda dell’interessato agli enti di previdenza.
Che cosa è il prepensionamento?
È la pensione anticipata che il lavoratore percepisce quando il settore in cui lavora è in crisi e devono ricorrere al pre-pensionamento dei dipendenti.
In quali casi si può chiedere il supplemento di pensione?
Se si continua a lavorare dopo il pensionamento al termine dell’attività, l’INPS liquida, a domanda, in presenza di nuovi contributi un supplemento di pensione che può essere erogato anche ai superstiti, se la richiedono.
Quando si ha diritto alla pensione di inabilità?
Quando si è colpiti da infermità fisica o mentale che comporta l’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa.
In quali casi si ha diritto all’assegno di invalidità?
Quando la riduzione della capacità di lavoro supera i due terzi cioè varia dal 66, 67% al 99%. Esso è soggetto a revisione da parte dell’INPS ogni 3 anni.
I dipendenti statali hanno diritto al trattamento di inabilità
Sì, esso spetta ai dipendenti pubblici che oltre ad avere i requisiti sanitari, abbiano versato un minimo di 5 anni di contributi di cui 3 nell’ultimo quinquennio e abbiano cessato il rapporto di lavoro.
È prevista anche una pensione di invalidità parziale con diversi requisiti (almeno 15 anni di servizio).
Per inabilità derivanti da causa di servizio è prevista la pensione privilegiata per inabilità.
Chi ha diritto alla pensione indiretta in caso di morte del lavoratore assicurato o del pensionato
Il coniuge superstite sia uomo sia donna, i figli, i genitori se non c’è il coniuge o i figli; i fratelli celibi e le sorelle nubili inabili se non ci sono altri aventi diritto.
Fino a quale età i figli hanno diritto alla pensione indiretta
Fino all’età di 18 anni; fino a 21 anni se il figlio sta frequentando la scuola superiore; fino a 26 anni se il figlio sta frequentando l’Università.
Non vi sono limiti per i figli inabili al lavoro in modo assoluto e permanente: il loro diritto alla pensione non cessa con il matrimonio.
I figli adottivi hanno diritto alla pensione indiretta
Sì, a meno che la domanda di adozione (se il genitore operava nel settore statale) sia stata presentata dopo il compimento del 60o anno di età dal genitore adottante.
Se i vedovi che percepiscono la pensione indiretta contraggono nuovo matrimonio, perdono il diritto alla pensione indiretta
Sì, lo riacquistano solo nel caso di annullamento del matrimonio. Tuttavia, presso l’INPS e i fondi sostitutivi si può ottenere, su domanda, se sussistono le condizioni, una indennità una tantum. La domanda deve essere presentata, a pena di decadenza, entro un anno dalla data della morte del lavoratore assicurato.
Il coniuge separato ha diritto alla pensione indiretta
Sì, anche se la separazione è stata dichiarata per sua colpa cioè è stato riconosciuto responsabile del fallimento del matrimonio (vedere capitolo Separazione).
L’ex coniuge ha però diritto alla pensione solo se percepiva un assegno alimentare.
Il coniuge divorziato ha diritto alla pensione indiretta?
Sì, se non ha contratto nuovo matrimonio, se è titolare di assegno divorziale e se il rapporto di lavoro del coniuge deceduto da cui deriva la pensione è iniziato prima del divorzio.
Se il defunto non si era risposato e non c’è un altro coniuge, il divorziato può inoltrare direttamente domanda all’ente pensionistico allegando la documentazione necessaria (sentenza di divorzio, ecc.). Se c’è un nuovo coniuge o più coniugi divorziati è necessario un provvedimento del Tribunale che attribuirà la quota pensione considerando anche durata del matrimonio (vedere capitolo Divorzio).
Influiscono i redditi del coniuge superstite sulla pensione diretta?
Sì, se il titolare della pensione indiretta lavora o ha comunque un reddito eccedente i limiti stabiliti dalla legge, la prestazione si riduce da un minimo del 25% ad un massimo del 50% come precisato nella tabella che segue:
AMMONTARE DEI REDDITI
fino a lire 27.210.300 |
PERCENTUALI DI RIDUZIONE
nessuna |
La riduzione non si applica quando il beneficiario faccia parte di un nucleo familiare con figli di minore etstudenti o inabili. Per i pensionati esiste un correttivo per il quale il trattamento derivante dal cumulo à, dei redditi con la pensione ai superstiti non può essere inferiore ad un certo limite.
È possibile per i figli, separare la propria quota di pensione da quella del genitore
Sì, presentando domanda agli uffici competenti, purché abbiano compiuto i 18 anni di età.
A chi spetta l’indennità integrativa speciale in caso di più superstiti?
Spetta al coniuge se non lavora o non percepisce un’altra pensione. Gli orfani, minori o maggiorenni, se non lavorano, ne hanno sempre diritto anche se il genitore non la percepisce.
Che cosa succede se uno dei superstiti perde il diritto?
La pensione viene ricalcolata dall’inizio e agli altri superstiti vengono attribuiti tutti gli aumenti successivi compresi quelli riguardanti la scala mobile.
Che cosa avviene se i familiari superstiti non hanno diritto alla pensione indiretta nel caso di morte dell’assicurato?
È prevista da parte dell’INPS una indennità una tantum di importo pari all’assegno sociale moltiplicato per il numero degli anni di contribuzione versati dal defunto, a condizione che i familiari non godano di pensione ai superstiti o di rendite da infortunio e abbiano redditi compresi nei limiti fissati per la corresponsione dell’assegno sociale (v. assegno sociale).
Quali prestazioni sono previste per le persone che pur non essendo coperte da assicurazioni sociali sono invalide o si trovano in stato di bisogno?
L’assegno di invalidità, la pensione di inabilità e l’indennità, l’assegno civile di accompagnamento, la pensione sociale e l’assegno sociale.
Chi ha diritto all’assegno di invalidità o alla pensione di invalidità civile?
Le persone maggiorenni che sono affette da infermità fisica o mentale che deve essere riconosciuta da una speciale commissione medica.
Se l’infermità è totale si ha diritto alla pensione di inabilità; se è parziale si ha diritto all’assegno di invalidità.
Nel caso che l’invalido sia minorenne, frequenti la scuola dell’obbligo o corsi di addestramento particolare e non sia in grado di camminare ha diritto all’indennità mensile di frequenza.
Per la concessione di tali prestazioni oltre al riconoscimento dell’invalidità è necessario non superare determinati limiti di reddito che variano ogni anno e che sono esclusivamente quelli del soggetto invalido e non del coniuge o del nucleo familiare.
Per il 1998 il limite di reddito annuo per gli invalidi parziali è di L. 5.169.460, per gli invalidi totali è di L. 22.846.235 e per i ciechi civili decimisti e di L. 10.983.760.
Che cosa è l’indennità di accompagnamento e a chi spetta?
È un beneficio economico che viene concesso senza limiti di età ai ciechi civili assoluti ed invalidi civili dichiarati totalmente inabili e aventi diritto alla pensione di inabilità.
È concessa al solo titolo della minorazione (incapacità assoluta di muoversi e vivere da soli) indipendentemente da altri redditi e senza tener conto della presenza di altra pensione o assegno.
Quali obblighi sono a carico degli invalidi civili
Gli invalidi civili titolari di indennità di accompagnamento devono, entro il 31 marzo di ogni anno, presentare una dichiarazione di responsabilità relativa alla sussistenza o meno dello stato di ricovero in Istituto.
Gli invalidi civili titolari di assegno mensile devono, entro la stessa data, presentare analoga dichiarazione relativa alla loro permanenza nelle liste speciali di collocamento.
La mancata presentazione della dichiarazione determina la sospensione immediata dell’erogazione del beneficio.
In caso di falsa dichiarazione, il titolare è tenuto alla restituzione di tutte le somme indebitamente percepite più gli interessi legali maturati.
Da chi sono erogate le indennità per invalidità civile?
Dal ministero degli Interni, tramite la Prefettura, per le persone che non hanno compiuto il 65o anno di età.
Dopo questa età il pagamento passa di competenza all’INPS che continua a pagare in sostituzione l’assegno sociale.
Che cos’è l’assegno sociale?
La riforma delle pensioni del 1995 ha introdotto dal 1o gennaio 1998, in sostituzione della pensione sociale, l’assegno sociale per il quale sono stabiliti requisiti diversi dalla prima.
La pensione sociale continua ad essere pagata a quanti ne sono titolari ed il suo importo dal 1o gennaio 1998 è di L. 5.169.450.
Chi ha diritto all’assegno sociale
È concesso, a domanda, dal l’INPS a tutti i cittadini italiani che hanno compiuto 65 anni, che sono residenti nel territorio nazionale, che sono sprovvisti di reddito oppure ne sono titolari nei limiti previsti dalla legge.
Per la concessione si tiene conto dei redditi di qualsiasi natura del richiedente e del coniuge, riferiti all’anno in cui si chiede la prestazione. Se questi sono inferiori al limite stabilito, l’assegno viene corrisposto in misura proporzionalmente ridotta.
Esso non è reversibile e ammonta per il 1998 a lire 9.070.100 annue per tredici mensilità.
L’assegno sociale viene concesso in via eccezionale anche ai rifugiati politici, ad alcuni stranieri, ai cittadini di uno Stato membro dell’Unione Europea ed ai familiari anche se questi non sono cittadini di un Paese comunitario, purché risiedano nel territorio nazionale italiano.
Che cosa è l’assegno per il nucleo familiare?
È una prestazione economica concessa al lavoratore in servizio o pensionato o ai titolari di pensioni indirette che risiedono nel territorio nazionale, per i familiari a carico, in presenza di un determinato reddito.
I livelli di reddito sono maggiori per soggetti in determinate condizioni (vedovi, separati, divorziati, inabili ecc.).
È pagato dallo Stato per i suoi dipendenti in servizio e pensionati e dall’INPS per gli altri assicurati e pensionati.
Per i dipendenti in servizio è corrisposta tramite il datore di lavoro, al quale l’assegno deve essere richiesto.
Se tutti e due i genitori lavorano a chi deve essere corrisposto l’assegno
Può essere richiesto solamente da uno dei due.
In caso di separazione o divorzio quale dei genitori percepisce l’assegno
Il genitore a cui sono stati affidati i figli, anche se non lavora.
Che cosa deve fare il coniuge separato o divorziato, avente diritto all’assegno, per ottenerlo?
Se il coniuge a cui sono stati affidati i figli (affidatario) ha in corso un rapporto di lavoro, per avere l’assegno deve inoltrare domanda al proprio datore di lavoro, allegando la sentenza di separazione o di divorzio unitamente agli altri documenti necessari per verificare il diritto.
Se il coniuge affidatario ha diritto all’assegno in base alla posizione di lavoratore dipendente o di pensionato dell’altro coniuge non affidatario, deve inoltrare domanda, unitamente ai documenti necessari o all’Amministrazione dello Stato se si tratta di dipendente o di pensionato statale o al datore di lavoro del coniuge o all’INPS se si tratta di pensionato.
Che cosa è l’assegno per famiglie numerose?
Con 3 o più figli sotto i 18 anni e reddito del nucleo familiare inferiore a un certo limite (attualmente 36.000.000 annui), è previsto un assegno mensile, per un massimo di 13 mensilità, erogato dal Comune di residenza, al quale gli interessati devono fare domanda.
La pensione è soggetta ad aumenti?
Sì. Gli aumenti per perequazione automatica (cioè la scala mobile) si applicano all’inizio di ogni anno e sono diversificati in base all’ammontare della pensione. Per il 1998 l’aumento dell’1,7% si applica alle pensioni di importo fino a 1.372.100 lire, mentre per quelle comprese tra lire 1.372.100 e 2.580.150 l’aumento è dell’1,53% e per quelle comprese tra tale importo e L. 3.430.250 è dell’1,275%.
È possibile il cumulo della pensione con altri redditi?
Le pensioni di vecchiaia, invalidità e ai superstiti sono soggette alle norme sul divieto parziale o totale di cumulo. Le pensioni di anzianità sono incumulabili con reddito di lavoro dipendente e parzialmente cumulabili con i redditi di lavoro autonomo. In tale caso spetta un importo pari al minimo INPS (lire 698.000 mensili) più la metà della quota che eccede tale minimo.
Nel caso di lavoro part-time dei pubblici dipendenti è possibile il cumulo con la pensione di anzianità, in presenza di determinati requisiti di età e di anzianità contributiva.
Si può delegare la riscossione della pensione ad un’altra persona?
Sì. Ogni anno gli enti che effettuano il pagamento delle prestazioni pensionistiche fanno controlli sulle deleghe per accertare la loro regolarità, onde evitare riscossioni indebite.
Se è errato il calcolo della pensione come avviene il recupero delle somme pagate?
Per le pensioni INPS le somme pagate riguardanti periodi anteriori al 1o gennaio 1996 sono soggette ad una speciale sanatoria per la quale non viene recuperato l’indebito se il pensionato ha un reddito personale imponibile pari o inferiore a 16 milioni.
Se superiore a tale importo, non si fa luogo al recupero dell’indebito nei limiti di un quarto dell’importo riscosso.
Se il pensionato ha agito con dolo deve restituire tutto. Il recupero non si estende agli eredi del pensionato.
La pensione è soggetta a imposte
Sì, all’IRPEF che varia secondo l’ammontare della pensione, sul quale devono poi essere calcolate le detrazioni di imposta fissate dalla legge.
Chi è in pensione deve versare la tassa sulla salute?
No, dal 1998 è stata abolita la trattenuta per i pensionati con pensioni superiori a 18 milioni di lire annue.
Nei casi di «assenza» o di «morte presunta» del pensionato, quali diritti possono esercitare i superstiti?
Solo ai familiari del pensionato statale è consentito, nel caso di scomparsa, di conseguire a determinate condizioni la pensione che spetterebbe soltanto dopo la dichiarazione di morte presunta che può avvenire solo dopo 10 anni dalla scomparsa.
È prevista la tutela previdenziale per le casalinghe?
Sì. Dal gennaio 1997 possono iscriversi ad un fondo istituito presso l’INPS donne e uomini che lavorano in casa senza vincolo di subordinazione, non prestino attività di lavoro autonomo o subordinato e non siano titolari di pensione diretta (anzianità, vecchiaia e invalidità).
Per ottenere la pensione che verrà calcolata con il sistema contributivo, sono necessari almeno 5 anni di contribuzione e una età tra 57 e 65 anni.
È prevista anche la pensione di inabilità quando sia intervenuta l’assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa.
Che cosa sono i Fondi pensione (o pensione complementare)
Oltre alla previdenza obbligatoria, sono previste nell’ordinamento italiano forme complementari di previdenza fondate su accordi volontari affinché il lavoratore autonomo o dipendente possa percepire al termine del rapporto di lavoro due pensioni.
La loro realizzazione non è però di facile attuazione anche per i costi elevati che dovrebbero sopportare più di tutti le nuove generazioni.
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