Sentenza Corte Costituzionale n. 154 sul trattamento fiscale della separazione legale
del 29 aprile-10 maggio 1999
Nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio) – in relazione agli artt.1, 2 e 8, lettera f), della parte prima della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro); art. 2, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 (Disciplina dell’imposta di bollo) e art. 20 della tariffa allegata; artt. 2, 15 e 25 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 (Istituzione dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili); 2 e 10 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale), e artt. 1 e 5 della tariffa allegata, promossi con ordinanze emesse l’8 aprile 1997 della Commissione tributaria provinciale di Milano sul ricorso proposto da Bezzecchi Sergio ed altra contro Ufficio del Registro di Milano, iscritta al n. 503 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell’anno 1997 e il 30 gennaio 1998 dalla Commissione tributaria provinciale di Trieste sul ricorso proposto da Ciliberti Maria Pia ed altro contro Direzione generale delle entrate Friuli-Venezia Giulia, iscritta al n. 431 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Visto l’atto di costituzione di Bezzecchi Sergio;
udito nella udienza pubblica del 23 febbraio 1999 il Giudice relatore Fernanda Contri;
udito l’avvocato Giovanni Migliori per Bezzecchi Sergio.
Ritenuto in fatto
1. – Nel corso di un giudizio promosso da Barbara Loi e Sergio Bezzecchi contro l’Ufficio del registro di Milano – per chiedere la restituzione di somme che i ricorrenti assumono indebitamente riscosse – la Commissione tributaria provinciale di Milano, Sezione IV, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 29, 31 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio) – in relazione: all’art. 8, lettera f), della parte prima della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro); all’art. 2, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 (Disciplina dell’imposta di bollo); agli artt. 2, 15 e 25 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 (Istituzione dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili); agli artt. 2 e 10 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale), e art. 5 della tariffa allegata – nella parte in cui non comprende, nella esenzione dalle imposte di registro, bollo, ipotecarie e catastali, Invim, tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi.
Il collegio rimettente assume la rilevanza della questione anche nell’ipotesi in cui si acceda all’interpretazione più restrittiva della disposizione impugnata, che dichiara esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio. Secondo la richiamata interpretazione restrittiva, che peraltro il giudice a quo ritiene errata, non rientrerebbero nell’esenzione – in quanto, a rigore, non riconducibili alla categoria giuridica delle tasse – le imposte ipotecarie, catastali e l’Invim. Ma anche alla stregua di questa interpretazione, la questione conserverebbe la sua rilevanza nel procedimento principale, avendo i ricorrenti convenuto l’Ufficio del registro per ottenere la restituzione anche delle imposte di registro e bollo.
Quanto alla non manifesta infondatezza della questione sollevata, la Commissione tributaria, richiamando la sentenza di questa Corte n. 176 del 1992, invoca le profonde analogie e la complementarità funzionale dei procedimenti di separazione e divorzio.
Il giudice a quo argomenta l’irrazionalità della disciplina impugnata anche alla luce dell’evoluzione della normativa precedente l’introduzione della esenzione di cui all’art. 19 della legge n. 74 del 1987. Il Collegio rimettente ricorda, in particolare, la legge 10 marzo 1976, n. 260, la quale, nell’assoggettare le sentenze di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e quelle di separazione personale (ancorché portanti condanne al pagamento di assegni o attribuzioni di beni patrimoniali) all’imposta di registro in misura fissa, avrebbe evidenziato – come riconosciuto dalle stesse circolari ministeriali citate nell’ordinanza di rimessione – che per i provvedimenti giurisdizionali di cui si tratta è esclusa, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, ogni valutazione della capacità contributiva dei soggetti interessati.
La Commissione tributaria provinciale di Milano ritiene di estendere la questione di legittimità costituzionale alla mancata esenzione da tutte le tasse ed imposte concernenti il provvedimento di separazione personale dei coniugi, interpretando l’impugnato art. 19 della legge n. 74 del 1987, assunto a tertium comparationis, con riferimento alle sentenze di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, come diretto ad esentare queste ultime da ogni tassa ed imposta, sulla scorta di un’interpretazione conforme sia alla lettera della disposizione sia al linguaggio comune, che l’impugnata disposizione avrebbe fatto proprio nell’impiegare il termine tassa come sinonimo di tributo, comprensivo di tasse ed imposte.
L’estensione dell’esenzione ad imposte diverse da quella di registro e bollo è, ad avviso del giudice a quo, coerente con la ratio della norma come desumibile dai lavori preparatori, preordinata alla riduzione dei costi necessari per ripristinare con il divorzio la libertà di stato o la revisione degli assegni di cui agli artt. 5 e 6 della legge n. 898 del 1970.
Il Collegio rimettente sottolinea la natura, propria delle sentenze di separazione e divorzio, di atti incidenti sullo status personale dei coniugi rispetto ai quali l’attribuzione patrimoniale avrebbe carattere secondario ed eventuale.
2. – Nel giudizio davanti a questa Corte si sono costituite le parti ricorrenti nel giudizio a quo, per chiedere l’accoglimento della questione prospettata dalla Commissione tributaria provinciale di Milano.
Le parti costituite affermano l’identità delle situazioni sostanziali dedotte nei procedimenti di separazione e divorzio, sia sotto il profilo della ratio delle attribuzioni patrimoniali, sia sotto il profilo della natura dell’assegno di mantenimento: si tratta di atti e provvedimenti che tendono a tutelare i medesimi interessi, anche se in momenti diversi … anzi, proprio per la persistenza del vincolo matrimoniale e per il peggioramento economico della famiglia e la incertezza … al momento della separazione, … questo piuttosto dovrebbe essere il momento più tutelato.
3. – Nel corso di un giudizio promosso da Fabio Foti e Maria Ciliberti contro la Direzione regionale delle entrate (DRE) per il Friuli-Venezia Giulia – per chiedere la restituzione di somme che i ricorrenti assumono indebitamente versate – la Commissione tributaria provinciale di Trieste ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 31 della Costituzione, analoga questione di legittimità costituzionale dell’art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74 – in relazione: agli artt. 1 e 2 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), e 8, lettera f), della parte prima della tariffa allegata; agli artt. 10 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale), e 1 della tariffa allegata; all’art. 15 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 (Istituzione dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili); all’art. 20 della tariffa allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 (Disciplina dell’imposta di bollo) – nella parte in cui non comprende nell’esenzione dalle imposte di registro, ipotecarie, catastali, Invim e bollo gli atti di trasferimento immobiliare e le attribuzioni patrimoniali disposte in sede di procedimento di separazione coniugale.
Affermata la rilevanza della questione di legittimità costituzionale nel procedimento a quo, la Commissione tributaria rimettente motiva la non manifesta infondatezza della questione medesima avanzando argomenti sostanzialmente analoghi a quelli, poc’anzi riportati, addotti dalla Commissione tributaria provinciale di Milano.
In ordine al prospettato contrasto con l’art. 31 della Costituzione, il Collegio rimettente osserva che se l’agevolazione è stata predisposta per garantire una tutela economico-patrimoniale alla famiglia nel momento in cui si scioglie definitivamente, appare maggiormente doveroso estendere l’esenzione al procedimento di separazione, a seguito del quale il rapporto di coniugio si attenua ma non cessa del tutto.
Considerato in diritto
1. – La Commissione tributaria provinciale di Milano dubita, in riferimento agli artt. 3, 29, 31 e 53 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio), nella parte in cui non comprende nella esenzione da esso disposta (per tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio) tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi.
Il contrasto con gli invocati parametri costituzionali si profilerebbe in considerazione dell’omogeneità delle situazioni poste a raffronto, che non consentirebbe di differenziare ragionevolmente il trattamento fiscale degli atti relativi ai due procedimenti. Il contrasto con l’art. 53 della Costituzione deriverebbe, ad avviso del collegio rimettente, dalla circostanza che i presupposti delle imposte applicate agli atti del procedimento di separazione non sarebbero ragionevolmente indicativi di capacità contributiva.
La Commissione tributaria provinciale di Trieste ha ipotizzato solo la lesione degli artt. 3 e 31 della Costituzione sulla base di considerazioni analoghe a quelle svolte dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, ed altresì sulla scorta del rilievo che, se l’agevolazione è stata predisposta per garantire una tutela economico-patrimoniale alla famiglia nel momento in cui si scioglie definitivamente, appare maggiormente doveroso estendere l’esenzione al procedimento di separazione, a seguito del quale il rapporto di coniugio si attenua ma non cessa del tutto.
Avendo i ricorrenti nei procedimenti principali promosso nei confronti dell’amministrazione finanziaria i due giudizi tributari a quibus per chiedere la restituzione di somme riscosse come imposte di registro, bollo, ipotecarie e catastali, e Invim su atti e provvedimenti relativi al procedimento di separazione, le Commissioni tributarie rimettenti sollevano questione di legittimità costituzionale dell’art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74, in relazione agli artt. 1 e 2 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro) e 8, lettera f), della parte prima della tariffa allegata; agli artt. 2, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 (Disciplina dell’imposta di bollo) e 20 della tariffa allegata (Allegato A); agli artt. 2, 15 e 25 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 (Istituzione dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili); agli artt. 2 e 10 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale), 1 e 5 della tariffa allegata.
2. – Le due ordinanze di rimessione sollevano questioni di legittimità costituzionale concernenti le stesse disposizioni legislative, in gran parte coincidenti. I relativi giudizi possono pertanto essere riuniti e decisi con unica sentenza.
3. – Le questioni sollevate dalle Commissioni tributarie provinciali di Milano e Trieste sono fondate.
Con la sentenza n. 176 del 1992, questa Corte ha già scrutinato la disposizione impugnata sotto il profilo della mancata estensione della esenzione (non già a tutti gli atti e documenti del giudizio di separazione personale dei coniugi, ma) al solo provvedimento di iscrizione di ipoteca a garanzia delle obbligazioni assunte dal coniuge separato, pronunciandosi nei limiti dell’impugnazione.
Le stesse ragioni a suo tempo poste a fondamento del dispositivo di accoglimento – dichiarativo dell’incostituzionalità dell’impugnato art. 19, nella parte in cui non comprende nell’esenzione dal tributo anche le iscrizioni di ipoteca effettuate a garanzia delle obbligazioni assunte dal coniuge nel giudizio di separazione – impongono di accogliere le questioni di legittimità costituzionale ora formulate dalle Commissioni tributarie rimettenti in termini più ampi, in relazione alla totalità dei tributi oggetto dell’esenzione.
Il parallelismo, le analogie e la complementarità funzionale dei procedimenti di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e del procedimento di separazione dei coniugi sotto i profili che rilevano ai presenti fini, già sottolineati da questa Corte nella decisione richiamata, portano anche in questo caso a concludere che il profilo tributario non può ragionevolmente riflettere un momento di diversificazione delle due procedure, atteso che l’esigenza di agevolare l’accesso alla tutela giurisdizionale, che motiva e giustifica il beneficio fiscale con riguardo agli atti del giudizio divorzile, è con ancor più accentuata evidenza presente nel giudizio di separazione: sia perché in quest’ultimo la situazione di contrasto tra i coniugi – ai quali occorre assicurare una se non più ampia, almeno pari tutela – presenta di solito una maggiore asprezza e drammaticità rispetto alla fase già stabilizzata dell’epilogo divorzile; sia in considerazione dell’esigenza di agevolare, e promuovere nel più breve tempo, una soluzione idonea a garantire l’adempimento delle obbligazioni che gravano, ad esempio, sul coniuge non affidatario della prole.
4. – L’art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74, nella parte in cui non estende l’esenzione in essa prevista a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi, non può pertanto ritenersi conforme all’art. 3 della Costituzione, sia sotto il profilo del principio di eguaglianza, sia sotto il profilo del principio di ragionevolezza, anche in riferimento agli artt. 29, 31 e 53 della Costituzione.
Per questi motivi la Corte Costituzionale
riuniti i giudizi, dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio), nella parte in cui non estende l’esenzione in esso prevista a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi.
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