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Separazione e divorzio, novità nella riforma del processo civile

Le novità da tempo annunciate sulla separazione e sul divorzio sono diventate realtà con la riforma Cartabia, entrata definitivamente in vigore sia per il rito dei procedimenti di famiglia che, più in generale, per tutto il rito del processo Civile.

La riforma ha prima di tutto raccolto le richieste che da svariati anni provenivano dagli addetti ai lavori che gestiscono in prima persona le crisi familiari soprattutto ai fini della nascita di un unico Tribunale per la famiglia e i minori, il quale lavorerà sulla base di un unico rito uniformato, uguale per tutti i giudizi.

Mentre il nuovo rito dei procedimenti di separazione, divorzio e, più in generale, di tutte le cause relative a questioni familiari è già entrato in vigore, il Tribunale della Famiglia dovrebbe fare il suo ingresso definitivo entro la fine del prossimo anno.

Diritto di famiglia: quali novità sono introdotte dalla riforma

Nell’ambito del Diritto di famiglia le novità più importanti sono:

  • la nascita di un unico Tribunale per le persone, per i minori e per la famiglia che accorpa il Tribunale per i minorenni e prevede l’assegnazione di magistrati esperti nelle materie trattate;

  • più velocità per ottenere la separazione e il divorzio che si possono chiedere insieme, con un unico atto, con l’assistenza di un avvocato, preferibilmente un avvocato divorzista. Non c’è più bisogno di fare prima un ricorso per chiedere la separazione, e poi un secondo ricorso separato per domandare il divorzio: ora si possono chiedere contestualmente. Per avere direttamente il divorzio immediato basterà fare una domanda cumulativa.

    Non è stato introdotto il “divorzio senza separazione” quindi la separazione non viene cancellata, però sarà possibile ottenere il divorzio in un tempo più rapido.

  • il potenziamento della negoziazione assistita e della mediazione familiare (incentivi fiscali, trattazione da remoto e allargamento anche ai genitori non coniugati);

  • il miglioramento e l’abbreviazione delle forme di tutela per le donne ed i minori che subiscono violenza con l’obbligo di nomina di un curatore speciale a favore del minore di età (binario preferenziale per ordini di protezione in via d’urgenza, maggiore raccordo tra giudice penale e giudice civile.

Unico processo per la separazione e il divorzio

Per quanto riguarda i procedimenti di separazione e divorzio (ma anche di cause per la regolamentazione della responsabilità genitoriale in caso di coppia non sposata) uno degli scopi della riforma è quello di rendere il processo molto più veloce e snello. Il Legislatore ha pensato di evitare la doppia fase, presidenziale e istruttoria, affidando l’intera causa ad un unico giudice istruttore, delegato dal Collegio, che possa avere maggiore conoscenza della pratica e decidere più in fretta, soprattutto nell’interesse dei minori.

Per chiedere il divorzio contestualmente alla domanda di separazione è necessario che l’avvocato inserisca subito in un unico atto tutte le domande relative alla separazione personale ed al successivo divorzio, il quale potrà essere pronunciato e trattato dallo stesso Giudice.

Il divorzio si otterrà quando:

1) ci sarà stata la separazione: basta anche semplicemente la sentenza “parziale” di separazione che viene emessa già dopo la prima udienza, senza dover attendere la conclusione della causa

2) saranno trascorsi 6 o 12 mesi a seconda che la separazione sia stata pronunciata a seguito di un giudizio consensuale o giudiziale. Durante questo periodo ovviamente i coniugi non si devono essere riconciliati.

Una sola udienza dopo 90 giorni con tutte le prove e documenti

Chi introduce la causa riceve entro 3 giorni un decreto con il quale il Tribunale fissa la prima udienza alla quale le parti devono presenziare di persona con i loro Avvocati. L’udienza è fissata in tempi brevi, ossia entro 90 giorni dal deposito del ricorso. Nello stesso decreto il Tribunale nomina il Giudice istruttore delegato dal Collegio alla trattazione della causa.

Il giudice istruttore concede un termine per procedere alla notifica da parte del ricorrente del ricorso e del decreto di fissazione di udienza al coniuge convenuto. Entrambe le parti avranno poi la possibilità – prima dell’udienza – di depositare ulteriori atti per precisare le domande e le richieste di prove. Quindi prima della prima udienza le parti potranno depositare ulteriori documenti e prove, così da dare al Giudice istruttore un quadro completo.

All’udienza il Giudice:

1) deve assumere i provvedimenti provvisori ed urgenti (affidamento dei figli, collocazione dei figli minori, assegnazione della casa coniugale, tempi e modalità di permanenza dei figli presso l’altro genitore non collocatario, assegno mensile per i figli, eventuale assegno di mantenimento del coniuge ecc.) che saranno esecutivi durante lo svolgimento della causa e potranno essere modificabili, revocabili in qualsiasi momento o, in talune circostanze appellabili;

2) deve decidere sull’ammissione dell istanze istruttorie: quindi valuta le prove, e valuterà, ad esempio se ascoltare, o meno, i testimoni, se far fare ad uno psicologo di sua fiducia (Consulente Tecnico d’Ufficio c.d. CTU) una consulenza per comprendere quale sia il genitore più idoneo a stare con i figli o potrà decidere di nominare un Consulente per esaminare i redditi/guadagni dei coniugi o che si presume non siano stati dichiarati, potrà decidere se far fare una indagine fiscale alla Polizia tributaria (Guardia di Finanza) ecc..

Nella separazione e divorzio giudiziale i figli – per i provvedimenti che li riguardano – devono sempre ascoltati dal Giudice istruttore quando hanno compiuto 12 anni ma anche di età inferiore quando hanno capacità di discernimento. Il Giudice istruttore li ascolta direttamente (c.d. ascolto diretto), generalmente alla prima udienza, e può farsi assistere da un professionista terzo (psicologo, neuropsichiatra infantile, ecc.) ossia da un esperto o ausiliario (c.d. ascolto assistito). L’ascolto è superfluo in caso di giudizi consensuali mentre è escluso sia se il bambino rifiuta espressamente di farsi ascoltare sia nei casi di evidente nocumento per il minore.

Conseguenze sulla difesa legale in caso di procedimento unico per la separazione e il divorzio

La scelta di “unire” separazione e divorzio in un’unica causa comporta una modifica nella modalità di redazione degli atti oltre che una specifica modulazione della difesa da parte dei legali.

L’atto, infatti, deve contenere la doppia richiesta di separazione e divorzio ma anche una doppia linea difensiva sulle domande economiche (che, tra l’altro, hanno presupposti diversi nelle due fasi) oltre che sulle disposizioni relative ai figli: ciò comporterà una ancora maggiore attenzione sulla scelta dell’Avvocato che dovrà essere un Professionista esperto in materia di diritto di famiglia capace di muoversi al meglio nell’articolata formulazione del ricorso introduttivo fin da subito altrimenti si rischierà di avere le armi spuntate in una causa che chiede alle parti di mettere sul tavolo le carte fin dal primo momento.

Questo permetterà di avere un’unica istruttoria che, quindi, garantirà una gestione dell’intero processo in minor tempo rispetto alla precedente necessità di attendere due giudizi (con relativi eventuali appelli!) per la definizione della questione familiare.

Complessa sarà l’interconnessione delle sentenze: la pronuncia finale, infatti, prevede condizioni temporali specifiche sulla decorrenza del successivo divorzio rispetto alla separazione e delle relative condizioni. Anche i Giudici, quindi, devono prestare maggiore attenzione a questi raccordi.

Questa strada sembra aprire uno spiraglio verso quello che sarebbe un intervento epocale in materia: ossia il divorzio diretto, senza prima dover passare dalla separazione. Un rito così orientato potrebbe, infatti, aiutare a fare definitiva breccia verso l’apertura del Legislatore a tale prospettiva.

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Eliminate le differenze tra figli legittimi e figli naturali | Riforma filiazione del 2012

Probabilmente poche persone sanno che la riforma sulla filiazione del 2012 è risultata epocale dato che ha parificato figli legittimi e naturali: tutte le residuali differenze, infatti, sono state eliminate.

La Legge, approvata dal Parlamento nel 2012 ed entrata in vigore nel 2013, ha definitivamente uniformato la normativa alla realtà della società civile, dove è ormai frequentissimo che un figlio nasca al di fuori del matrimonio.

Parità tra figli nati durante il matrimonio e figli nati fuori dal matrimonio

Con la parificazione tra i figli nati in costanza di matrimonio e figli nati al di fuori non vi è più alcuna differenza tra figli legittimi e naturali: questo comporta una sostanziale parità di diritti tra tutti i figli.

Se fino a pochi anni fa, infatti, i figli nati dal matrimonio, tradizionalmente definiti “legittimi”, vantavano più diritti rispetto a quelli nati da unioni di fatto o da relazioni estemporanee (i cosiddetti figli “naturali”), oggi entrambi godono per legge delle medesime tutele.

Già da qualche anno era in moto un processo di graduale parificazione con l’attenuazione dei privilegi per i figli legittimi che adesso si sono azzerati. Uno degli esempi di maggior rilievo che possiamo citare per comprendere la portata del cambiamento riguarda le successioni. In particolare è ormai impossibile, per i figli legittimi, liquidare la somma di eredità spettante ai fratelli, nati fuori dal matrimonio, per escluderli dall’asse ereditario e dai poteri decisionali che concede la qualità di erede.

 

I diritti derivanti dallo status di figlio

Lo status di figlio, così come definito dalla norma, si configura di fatto come un “macrodiritto” che trova molteplici livelli di applicazione per tutti i figli, indipendentemente dalla qualità della loro nascita.

Il figlio ha innanzitutto il diritto a ricevere un’istruzione adeguata che assecondi le sue naturali inclinazioni e predisposizioni. In questo senso, i genitori non potranno ignorare la sua autonomia decisionale e il suo diritto di essere ascoltato nelle questioni che lo riguardano più da vicino.

Analogamente al diritto all’istruzione, derivano sempre dallo status di figlio anche il diritto al mantenimento e alla bigenitorialità. Il primo deve essere garantito, secondo la legge, fino al raggiungimento dell’indipendenza economica del ragazzo, a prescindere dal fatto che questo avvenga o meno al compimento del diciottesimo anno di età. Il secondo intende invece assicurare al figlio il diritto-dovere di godere di rapporti paritari con entrambi i genitori.

Questi diritti investono di specifici doveri non solo i genitori ma anche l’intero tessuto sociale. Ciò significa, ad esempio, che il diritto all’istruzione, dovendo essere calibrato in funzione delle disponibilità economiche dei genitori stessi, fa sì che, in mancanza delle necessarie risorse finanziarie, siano le istituzioni pubbliche a dover intervenire, per assicurare ai capaci e meritevoli l’accesso ai più alti gradi di formazione.

Allo stesso modo, la legge prevede che in caso di una provata incapacità dei genitori ad assolvere i loro compiti nei confronti dei figli, siano le autorità pubbliche a dover provvedere, affinché i diritti dei minori vengano rispettati.

L’intervento dello Stato è previsto per tutelare il minore, in quanto membro “privilegiato” della collettività che deve attivarsi per salvaguardare i soggetti più deboli, indipendentemente dal fatto che i loro genitori siano sposati, separati oppure del tutto sconosciuti.

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Nuovi criteri per la successione dei figli dopo la riforma del 2012

La riforma sulla filiazione del 2012 ha introdotto nuovi criteri per la successione dei figli dato che ha sancito definitivamente la sostanziale uguaglianza tra figli nati durante il matrimonio, una volta chiamati legittimi, e figli nati al di fuori del matrimonio, prima chiamati naturali. Al di là del valore etico, questa riforma è andata ad abbattere le ultime differenze tra i figli e gli interventi più significativi son stati in ambito successorio.

I nuovi criteri per la successione dei figli

La novità più importante è stata la cancellazione del cosiddetto “diritto di commutazione”.

Il diritto di commutazione era quella possibilità che avevano i figli legittimi di liquidare, in denaro o beni immobili, i fratelli nati da relazioni fuori dal matrimonio del genitore deceduto.

In questo modo i fratelli venivano liquidati per la porzione di eredità a loro spettante e non entravano a far parte della divisione ereditaria.

In caso di opposizione da parte dei figli naturali, era necessario rivolgersi al Giudice, il quale, valutate le circostanze personali e patrimoniali, era tenuto a prendere una decisione. Oggi, invece, anche i figli nati al di fuori del matrimonio entrano a pieno titolo nella divisione ereditaria. Non solo: il diritto successorio non è riconosciuto unicamente nei confronti dei genitori, ma anche di tutti gli altri parenti.

La precedente riforma del diritto di famiglia del 1975 aveva sì compiuto un sostanziale passo in avanti in questa direzione, introducendo il dovere di ciascun genitore di mantenere, educare e istruire i figli anche se nati fuori dal matrimonio. Ma erano rimaste comunque delle differenze di trattamento tra figli nati all’interno o all’esterno del matrimonio, la maggior parte delle quali riguardavano proprio i diritti successori.

Di fatto, si venivano a creare ingiustificati privilegi e disparità che legavano la nascita del bambino alla sua futura possibilità di accedere o meno all’eredità familiare. Quasi come se i figli concepiti e nati nel matrimonio godessero di una superiorità affettiva, e quindi materiale, su tutti gli altri.

Possiamo dire, quindi, che è stato fatto un ulteriore passo avanti in una società come quella attuale, caratterizzata dalla costante diminuzione di nuovi matrimoni a fronte di un aumento, via via sempre maggiore, di convivenze, dove la precedente normativa poteva apparire decisamente anacronistica.

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