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Adozione internazionale: diventare genitori di un minore straniero | Requisiti e procedura

Negli ultimi anni la procedura di adozione internazionale ha raggiunto numeri ragguardevoli superando anche le adozioni nazionali. Tale passaggio permette di diventare genitori di un minore straniero. I numeri dicono che nel 2013 sono stati oltre 2.800 i bambini stranieri adottati da famiglie italiane, spesso attraverso procedure lunghe e costose che possono facilmente scoraggiare anche i più determinati a portare a termine il percorso di adozione.

I requisiti e la procedura per l’adozione internazionale

 

Per poter adottare un minorenne straniero la coppia deve essere sposata da almeno tre anni e deve esserci una differenza di età fra adottante e adottato non inferiore a 18 anni né superiore a 45. Marito e mogie devono chiedere al Tribunale di ricevere la dichiarazione di idoneità: il Tribunale dispone approfondite verifiche, anche mediante i servizi sociali, e in particolare valuta l’attitudine della coppia ad accogliere un minorenne straniero.

Allo stato non è possibile che una coppia omosessuale unita civilmente possa accedere a detta procedura adottiva.

Una volta ottenuta l’idoneità, la coppia può avviare le pratiche per adottare un minore straniero: è opportuno, per la fase di reperimento del minore e del disbrigo delle pratiche all’estero, farsi assistere da professionisti o da enti qualificati perché molto spesso la procedura si rivela un vero e proprio percorso a ostacoli. Innanzitutto, bisogna ottenere un certificato di adozione, o di affidamento finalizzato all’adozione, da parte dell’Autorità competente del Paese straniero. Se ciò non è possibile, è necessario chiedere l’autorizzazione all’espatrio del minore a scopo adozione: per ottenerla di solito è necessario trascorrere diverso tempo nel Paese di provenienza del minore per espletare tutte le pratiche, con tutte le difficoltà del caso, prima tra tutte quelle linguistiche.

I costi dell’adozione internazionale

 

Il procedimento per completare un’adozione internazionale può dunque rivelarsi lungo e faticoso, oltre che costoso: a seconda del Paese e dell’Ente prescelto, la cifra necessaria può variare fra circa 7.000 € e 18-20.000€ e può essere dedotta in fase di dichiarazione dei redditi per un importo pari al 50% di quello sostenuto.

Dopo aver ricevuto la documentazione dal Paese di origine, ad ogni modo, lo scoglio principale è superato: il minorenne può trasferirsi in Italia e il Tribunale può disporre l’affidamento preadottivo. Una volta concluso con esito positivo questo periodo, l’adozione diventa definitiva e il minore diviene a tutti gli effetti figlio in costanza di matrimonio della coppia adottiva: assume quindi il cognome del padre e acquisisce la cittadinanza italiana.

Gli avvocati dello Studio legale Marzorati sono in grado di seguire casi in tutti Italia. Se hai bisogno di assistenza legale, o desideri fissare un appuntamento con uno dei nostri avvocati

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https://www.marzorati.org/wp-content/uploads/2022/06/adozione-internazionale-2.jpg 532 1440 LxDiCrItUserAdmin https://www.marzorati.org/wp-content/uploads/2020/02/logo-nuevo-high.png LxDiCrItUserAdmin2017-11-07 00:00:002022-06-29 15:07:37Adozione internazionale: diventare genitori di un minore straniero | Requisiti e procedura

Quando i debiti di moglie e marito possono essere pagati con i beni in comunione

Se moglie e marito hanno dei debiti possono dover utilizzare i beni in comunione per soddisfarli. Quando uno dei coniugi contrae debiti che devono essere, ovviamente, pagati può nascere il timore di perdere beni o denaro importanti per tutta la famiglia. La possibilità o meno per i creditori di rivalersi sui beni che fanno parte della comunione dipende da due fattori: il soggetto che ha contratto il debito e il momento in cui questo è stato contratto.

I debiti contratti congiuntamente dai coniugi

 

Se due coniugi contraggono dei debiti in maniera congiunta mentre è in vigore il regime di comunione legale, questi ultimi possono essere oggetto delle pretese dei creditori qualora la coppia non riesca a saldare il debito, quindi si potrà rischiare di subire il pignoramento di un bene o del conto corrente. Se il valore dei beni della comunione non è sufficiente a saldare il debito, i creditori possono rivalersi anche sui beni personali dei coniugi, in misura pari alla metà del credito.

I debiti contratti singolarmente dai coniugi prima del matrimonio

 

Se uno dei coniugi contrae un debito prima del matrimonio, a rispondere è soltanto il patrimonio personale del coniuge: i beni che rientrano nella comunione legale non possono essere toccati dai creditori. Lo stesso vale nel caso in cui i debiti siano stati acquisiti da uno dei due coniugi per donazione o successione: così come il bene ottenuto per successione o donazione non rientra fra i beni che fanno parte della comunione, allo stesso modo i creditori non possono rivalersi sui beni comuni.

 

I debiti contratti singolarmente dai coniugi durante il matrimonio

 

Opposta è la situazione nel caso in cui il debito sia contratto durante il matrimonio. In questo caso ci può essere di aiuto un esempio, perché la regola è complessa. Ipotizziamo che un marito, titolare di una ditta individuale di traslochi, contragga un debito che non riesce a ripagare, egli è sposato in comunione dei beni ed ha paura che la propria famiglia perda la casa, in comproprietà con la moglie. I creditori si dovranno rivalere innanzitutto sul patrimonio aziendale, ad esempio sul camion, sull’immobile che ospita la sede della ditta, e sul conto corrente aziendale. Successivamente dovranno rivalersi sui beni e sul conto personale del marito. Se però il valore di questi beni non sarà sufficiente a saldare il debito, i creditori potranno procedere anche con il pignoramento dei beni in comunione. Attenzione però perché i creditori potranno rivalersi soltanto sulla metà del valore dei beni, pari alla quota spettante al marito.

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Quali sono i diritti e i doveri che nascono dal matrimonio per moglie e marito | Conseguenze giuridiche

Dal matrimonio nascono precisi diritti e doveri per moglie e marito per i quali pronunciare il fatidico SI significa iniziare una nuova vita a due, un’unione che possa durare per sempre e permetta loro di costruire una famiglia. Non rispettare questi doveri comporta importanti conseguenze giuridiche.

Il matrimonio, infatti, è un vero e proprio contratto che si occupa anche di regolare in maniera precisa i rapporti tra i coniugi e, principalmente, i diritti e doveri di moglie e marito che sono uguali davanti alla legge.

Questa importante parificazione, già riconosciuta dalla Costituzione, è stata recepita definitivamente con la Riforma del diritto di famiglia del 1975, che ha adeguato la normativa precedente eliminando alcuni elementi che, nella legislazione pre-riforma, stabilivano una disciplina favorevole al marito rispetto che alla moglie (per fare un esempio potremmo citare la normativa sull’adulterio che era considerato reato per la moglie ma non per il marito).

Doveri matrimoniali di moglie e marito: elenco

 

Il primo dovere coniugale è l’obbligo alla fedeltà: la fedeltà non è intesa solo a livello fisico, ma anche morale. L’obbligo di non tradire la moglie o il marito si estende quindi dalla sola sfera sessuale a quella morale. Il secondo dovere che i coniugi devono rispettare è quello della reciproca assistenza materiale e morale: la coppia si deve impegnare a fornire supporto l’una all’altro sia a livello economico sia a livello morale. I coniugi, infine, devono contribuire ai bisogni della famiglia, in misura proporzionale alle proprie possibilità. In ultimo il matrimonio impone il dovere alla collaborazione reciproca e, seppure in via attenuata date le realtà sociologiche degli ultimi anni, il dovere alla coabitazione.

 

Doveri matrimoniali e conseguenze giuridiche

Al di là dell’ovvia valenza morale questi doveri hanno anche una precisa validità giuridica: la loro violazione comporta infatti conseguenze come l’addebito della separazione e il risarcimento del danno a carico del coniuge che non li rispetta. Se si ritiene che l’altro coniuge non tenga fede ai suoi doveri coniugali, oltre all’ovvio tentativo di chiarimento reciproco, è possibile in prima battuta inviare un richiamo tramite il proprio Avvocato per convincere il coniuge a cambiare atteggiamento. Se non c’è alcuna volontà di collaborazione, è possibile rivolgersi al Tribunale e avviare un’azione giudiziaria per fare in modo che sia il Giudice ad indicare la strada migliore per il bene della famiglia. Nel caso in cui la crisi sia irrevocabile si dovrà, invece, procedere con la separazione.

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Impugnazione della delibera condominiale per il condomino dissenziente

Le delibere dell’assemblea vanno a decidere e regolamentare la vita del condominio, a seconda dei casi, è prevista una maggioranza perché la delibera sia approvata.

Quando si ottiene il numero di voti necessari, tutti i condomini sono obbligati al rispetto di quanto stabilito nella delibera.

La delibera condominiale è valida per tutti

L’obbligo vale per tutti i condomini anche quelli che non hanno partecipato al voto, quelli che non erano presenti all’assemblea e quelli che hanno votato in modo contrario. In caso in cui la delibera sia contraria a norme di legge o a quanto contenuto nel regolamento, il condomino che ha votato contro o quello che non era presente o quello che ha deciso di astenersi ha la possibilità di andare dal giudice per chiedere l’annullamento della stessa.

Tempi brevi per impugnare una delibera condominiale 

Per impugnare una delibera i tempi sono relativamente stretti in quanto si tratta di soli 30 giorni:

  • dall’approvazione della delibera nel caso in cui il condomino abbia votato in maniera contraria o si sia astenuto;
  • dalla comunicazione della delibera per il condomino che non era presente alla votazione.

Cosa deve fare l’avvocato per impugnare la delibera condominiale 

Ovviamente al fine di impugnare una delibera sarà necessario, da un lato una valutazione del contenuto formale della stessa, nel senso che la legge stabilisce alcuni requisiti base per una delibera, come ad esempio il numero di voti necessari all’approvazione e, dall’altro dovrà essere verificato il contenuto effettivo della delibera, nel senso di valutare che cosa abbia concretamente stabilito la delibera in questione.

Ovviamente molto spesso per impugnare una delibera o comunque comprendere se la stessa sia impugnabile, oppure no, è necessario rivolgersi agli avvocati esperti nel settore che possono velocemente comprendere i punti su cui insistere: come detto poiché i tempi sono abbastanza veloci è necessario avere piena conoscenza della materia.

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https://www.marzorati.org/wp-content/uploads/2020/02/logo-nuevo-high.png 0 0 MrzOrgUserAdmin https://www.marzorati.org/wp-content/uploads/2020/02/logo-nuevo-high.png MrzOrgUserAdmin2017-11-05 07:06:592017-11-05 07:06:59Impugnazione della delibera condominiale per il condomino dissenziente

Il risarcimento del danno da incidente stradale: la richiesta all’assicurazione

Quando a seguito di incidente stradale, il danneggiato vuole ottenere il risarcimento per il danno subito, deve inviare la richiesta all’assicurazione, ma è necessario rispettare determinate modalità per non rischiare che un piccolo errore possa rovinare e compromettere il riconoscimento di quanto dovuto: le assicurazioni, molto spesso giocando sull’inesperienza del danneggiato prolungano i tempi di risposta portando a volte la situazione a risvolti assurdi. Per tali motivi è sempre consigliabile affidarsi ad un avvocato esperto del settore che, in tempi ragionevoli, possa garantire il miglior risultato.

L’assicurazione deve rispondere alle richieste del danneggiato da incidente stradale

Il danneggiato deve inviare tutta la documentazione necessaria in modo tale che l’assicurazione possa fare la propria offerta che, come previsto dalla legge, deve essere adatta al danno subito e ben motivata. Questa fase diventa fondamentale perché, nel caso in cui i documenti inviati all’assicurazione non fossero sufficienti, c’è il rischio di entrare in una sorta di balletto tra l’assicurazione, che chiede i documenti, e il danneggiato, che si impegna a recuperarli e poi inviarli: è importante, perciò, sapere esattamente quali documenti sono necessari perché l’assicurazione non possa avanzare altre richieste, ma anzi debba rispondere rispettando determinate tempistiche:
– 30 giorni se il modello è sottoscritto dai soggetti coinvolti;
– 60 giorni se sono si sono verificati danni alle cose;
– 90 giorni se si sono verificati danni anche alle persone.

L’assicurazione può verificare l’esistenza del danno alla persona per incidente stradale

In caso di contestazione sui danni subiti da una persona, il soggetto danneggiato non può sottrarsi agli eventuali accertamenti che la compagnia assicurativa avesse intenzione di eseguire. A seguito di anni in cui sono stati riconosciuti risarcimenti eccessivi rispetto ai danni subiti, le assicurazioni, normalmente in questi casi, richiedono che sia finita la malattia della persona che ha subito dei danni (il che significa che il medico curante abbia già dichiarato che la persona sta bene e non è più in convalescenza) e poi chiede che il soggetto danneggiato venga visitato da un medico di fiducia dell’assicurazione per verificare i reali danni subiti. In caso di rifiuto da parte del danneggiato, il termine di risposta di 90 giorni si sospende fino a che l’assicurazione non riceverà la documentazione del proprio medico incaricato.

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https://www.marzorati.org/wp-content/uploads/2020/02/logo-nuevo-high.png 0 0 MrzOrgUserAdmin https://www.marzorati.org/wp-content/uploads/2020/02/logo-nuevo-high.png MrzOrgUserAdmin2017-11-01 07:32:032017-11-01 07:32:03Il risarcimento del danno da incidente stradale: la richiesta all’assicurazione

Modifiche all’immobile da parte del condomino che apre un esercizio commerciale nel condominio

Il condominio e i suoi condomini devono rispettare quanto previsto dal regolamento condominiale ma in alcune situazioni è possibile richiedere delle modifiche al regolamento in quanto la necessità di effettuare cambiamenti è portata da nuove situazioni di fatto che si sono verificate.

Quali necessità può avere un ristorante

Un ristoratore che ha acquistato il primo piano di un condominio potrebbe avere la necessità di aprire una porta sul retro al fine di permettere ai fornitori il carico e scarico di merci. In questi casi la richiesta dovrà essere valutata in merito al disagio che potrebbe provocare, ma non al disagio causato dai lavori da effettuare, bensì al disagio continuo che dovranno subire gli altri condomini.

Cosa si può fare

In una situazione simile si dovranno confrontare gli interessi del condominio con quelli del ristoratore: il disagio o disturbo per gli altri condomini infatti dovrà rientrare all’interno della normale tollerabilità, potendosi anche inserire nel regolamento gli orari in cui verrà effettuato il carico e scarico di merci, allo stesso tempo il ristoratore dovrà essere messo in condizione di svolgere la propria attività, nel rispetto della legge e delle limitazioni condominiali, e quindi di godere del proprio immobile. Ciò non toglie che i lavori possano essere posti tutti a carico del richiedente e che lo stesso debba provvedere al fine di tutelare gli altri condomini nel momento dei lavori.

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https://www.marzorati.org/wp-content/uploads/2020/02/logo-nuevo-high.png 0 0 MrzOrgUserAdmin https://www.marzorati.org/wp-content/uploads/2020/02/logo-nuevo-high.png MrzOrgUserAdmin2017-10-28 07:03:252017-10-28 07:03:25Modifiche all’immobile da parte del condomino che apre un esercizio commerciale nel condominio

Il decreto ingiuntivo e le azioni giudiziali dell’operatore di energia elettrica

In molti casi l’utente si ritrova a dover combattere contro le azioni giudiziali dell’operatore di energia elettrica che in caso di mancato pagamento non esita a richiedere l’adempimento con un decreto ingiuntivo.

Solo in questo caso non è obbligatorio il tentativo di conciliazione

Il caso del decreto ingiuntivo è l’unica ipotesi in cui l’utente non è tenuto ad esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione ma deve direttamente difendersi in giudizio, supportandone i costi al fine di resistere alle richieste dell’operatore telefonico.
Spesso infatti i mancati pagamenti sono dovuti a disservizi subiti dall’utente il quale, stanco di subire situazioni ingiuste, decide di non corrispondere le fatture al gestore, oppure i mancati pagamenti riguardano somme richieste dopo la fine del contratto, a recesso già eseguito. In tali ipotesi l’utente, difendendosi in giudizio potrà esporre tutto quanto è avvenuto nel corso del contratto e chiedere al giudice una decisione sull’esattezza o meno di quanto richiesto dall’operatore.

Pignoramento in corso

Ben diverso è il caso in cui l’utente non abbia dato peso all’ingiunzione e il corso degli eventi abbia portato a procedure esecutive come il pignoramento dei beni o del conto corrente: in questi casi diventa difficile opporsi all’esecuzione anche se alcune regole di diritto permettono sempre una difesa specifica, allo stesso tempo, però, l’utente potrebbe intentare una nuova causa contro l’operatore per le eventuali vessazioni, richieste ingiuste e/o disservizi in modo tale da vedere le proprie ragioni riconosciute ed eventualmente anche recuperare quanto pagato ingiustamente all’operatore. In tutte queste situazioni, è sempre necessario agire con attenzione e cautela, valutando ogni possibilità.

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https://www.marzorati.org/wp-content/uploads/2020/02/logo-nuevo-high.png 0 0 MrzOrgUserAdmin https://www.marzorati.org/wp-content/uploads/2020/02/logo-nuevo-high.png MrzOrgUserAdmin2017-10-26 05:59:122017-10-26 05:59:12Il decreto ingiuntivo e le azioni giudiziali dell’operatore di energia elettrica

Distacco della luce al ristorante: come ottenere il risarcimento del danno

Il ristorante che subisce il distacco della luce ha diritto al risarcimento di tutti i danni subiti a causa del distacco. La luce infatti è un bene primario e diventa ancor più importante per le attività commerciali. Infatti un ristorante privato della luce, oltre a non poter esercitare la propria attività con la relativa perdita del guadagno giornaliero e la spesa per il personale inutilizzato subirà anche la perdita dei prodotti alimentari che erano in frigorifero e che dovranno essere buttati. In questi casi, anche poche ore senza luce possono compromettere tutto, ad esempio se capita nelle ore di pranzo o cena.

Il danno emergente

In caso di mancanza di luce in un ristorante il danno che potrà essere richiesto al gestore elettrico sarà relativo alla spesa per il personale che non è stato utilizzato, ma che comunque è stato pagato per i giorni in cui non c’era la luce, inoltre potrà essere richiesto il costo dei prodotti resi inutilizzabili dalla mancanza della luce ed anche le eventuali spese sostenute per portare il cibo in celle frigorifere per ovviare al deperimento. Allo stesso tempo si potrà richiedere l’eventuale costo sostenuto per la pubblicità per un evento particolare che doveva esserci, per i volantini e per il menù se era specifico per quella serata. Il ristorante inoltre dovrà sostenere dei costi successivi alla risoluzione del problema come per esempio, quelli relativi allo smaltimento dei prodotti andati a male e quelli per pulire le celle frigorifere che si saranno disgelate. Si dovrà, ovviamente, verificare tutte le spese che possono essere risarcite, utilizzando metodi certi che risultino incontestabili davanti ad un giudice.

Il danno da lucro cessante

In caso di mancanza di luce in un ristorante il danno che potrà essere richiesto al gestore elettrico potrà riguardare anche il mancato guadagno a causa dell’impossibilità di svolgere l’attività di ristorazione. Per richiedere questo tipo di danno si dovrà fare una stima del guadagno giornaliero e richiedere lo stesso a titolo di risarcimento.

Il danno all’immagine

In caso di mancanza di luce in un ristorante il danno che potrà essere richiesto al gestore elettrico potrà riguardare anche il danno all’immagine procurato all’attività che si è trovata costretta a disdire eventuali prenotazioni o a mandare via clienti giunti sul posto. Il calcolo per questo tipo di danno, non è facile da dimostrare e sarà necessario verificare tutta una serie di fattori per ottenere il risarcimento dovuto.

La perdita di clientela

La mancanza di luce in un ristorante, comporta l’impossibilità di essere contattati per eventuali prenotazioni, con il rischio di perdere clienti non solo per quel determinato giorno ma anche per il futuro: i clienti infatti potrebbero andare in un altro ristorante e non recarsi più in quello che ha subito il distacco della luce. Ovviamente questo danno per essere risarcito ha bisogno di una attenta valutazione che non sempre risulta possibile.

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https://www.marzorati.org/wp-content/uploads/2020/02/logo-nuevo-high.png 0 0 MrzOrgUserAdmin https://www.marzorati.org/wp-content/uploads/2020/02/logo-nuevo-high.png MrzOrgUserAdmin2017-10-24 06:37:042017-10-24 06:37:04Distacco della luce al ristorante: come ottenere il risarcimento del danno

Mettere in affitto un negozio per temporary store: regole e norme

L’attività imprenditoriale di aprire un temporary store può riguardare anche i proprietari degli immobili che, in questa epoca di crisi, possono avere più sicurezza e più certezza sui pagamenti con affitti che durano trenta giorni o poco più, rispetto ai classici affitti stabiliti dalla legge per i quali non è detto che nel corso degli anni sia così facile ottenere il pagamento mensile.

Il negozio giusto per un temporary store: rispetto della legge

I grandi marchi, seguono determinate regole per permettere la vendita del loro brand in un negozio, ecco perché è necessario che il proprietario predisponga tutto quanto è necessario se vuole affittare il proprio negozio per l’attività di temporary store. In primo luogo è necessario che rispetti tutte le regole stabilite dalla legge e che non comporti ulteriori problemi con il condominio in cui si trova. È sempre preferibile rivolgersi agli avvocati del settore in modo tale da verificare che il negozio abbia tutte le caratteristiche in regola e, nel caso, mettere a posto le cose che non vanno bene.

L’immobile infatti deve:

– rispettare le norme sull’igiene pubblica;

– rispettare le norme sull’igiene edilizia;

– rispettare le norme sulla tutela ambientale;

– rispettare le norme sulla tutela della salute nel luogo di lavoro;

– rispettare le norme sulla sicurezza alimentare;

– rispettare i regolamenti della polizia urbana.

Il negozio giusto per un temporary store: la pubblicità e i contatti

Affittare un negozio come temporary store non è così facile come sembra, anche perché molto spesso deve essere il proprietario a proporsi come temporary store, ai brand o ai negozianti interessati a questo tipo di business. È importante quindi rivolgersi ad esperti del settore per essere messi in contatto con i marchi o con i negozianti.

 

I danni all’immobile

In alcuni casi, la necessità di predisporre tutto quanto in breve tempo, comporta alcuni danni all’immobile. Molto spesso i tempi sono ristretti e vengono effettuate delle modifiche che possono rovinare l’immobile. In tutte queste situazioni il proprietario potrà agire contro il negoziante per ottenere il risarcimento del danno e il ripristino alla situazione precedente all’affitto.

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https://www.marzorati.org/wp-content/uploads/2020/02/logo-nuevo-high.png 0 0 MrzOrgUserAdmin https://www.marzorati.org/wp-content/uploads/2020/02/logo-nuevo-high.png MrzOrgUserAdmin2017-10-20 07:41:282017-10-20 07:41:28Mettere in affitto un negozio per temporary store: regole e norme

Temporary shop e prodotto difettoso: i diritti per il consumatore

Il temporary store è da considerare per quanto riguarda i rapporti con i consumatori come qualsiasi altro negozio “stabile”. Le regole a tutela dei consumatori perciò hanno valore anche nei confronti di chi esercita questo tipo di attività, ma alcune situazioni dovranno essere trattate con molta attenzione vista la natura temporanea di questi negozi. Quando una persona ha comprato una determinata cosa e si rende conto che la stessa abbia delle imperfezioni o comunque sia difettosa può, per legge, richiedere al negoziante

– la riparazione;

– la sostituzione con una merce uguale;

– la diminuzione del prezzo pagato;

– la restituzione di quanto pagato e rendere indietro la merce.

L’unico obbligo per il consumatore è quello di denunciare il vizio al negoziante entro due mesi da quando ha scoperto il difetto.

Il temporary store non esiste più: a chi rivolgersi in caso di difetto

Se generalmente non ci sono problemi con i negozianti, ben diverso può essere per un temporary store aperto e chiuso in 30 giorni. Il consumatore infatti potrebbe trovarsi nella difficile situazione di ricercare il venditore che potrebbe rendersi introvabile. In questa ipotesi, con l’aiuto di un avvocato, è possibile fare tutte le ricerche per ritrovare il venditore e richiedere la riparazione oppure la sostituzione e, nel caso la restituzione di quanto pagato, oltre a tutto quanto speso per ritrovare il venditore stesso e l’eventuale danno subito. In molte situazioni, però, il venditore ha cessato l’attività e diventa molto difficile agire in giudizio contro lo stesso, ma la legge prevede la possibilità di rivolgersi direttamente al produttore del bene. Ovviamente, prima si dovrà cercare in tutti i modi il negoziante e, solo, nel momento in cui sia appurato che lo stesso sia irrintracciabile chiedere tutto quanto al produttore della merce.

 

Il temporary store e i cartelli che vietano la restituzione

Molto frequentemente i negozianti, anche in forza del tipo di attività che gestiscono, espongono cartelli con limitazioni per i consumatori su alcune regole che invece sono tutelate dal codice del consumo. Più precisamento, giocando sulla breve apertura del temporary store, è possibile leggere farsi come “Non si effettuano cambi merce” oppure “In caso di cambio merce si ha diritto ad un buono”. Prima di tutto è bene comprendere che tali cartelli non hanno alcun valore in caso di difetto della merce, e quindi il negoziante non potrò opporsi al cambio, alla sostituzione o alla restituzione di quanto pagato. Al contrario, questi cartelli hanno valore nel caso in cui ci sia un errore nella scelta da parte del consumatore, per esempio per aver sbagliato la taglia. In tali situazioni quindi è il negoziante che fa una concessione al consumatore e che quindi fissa le regole.

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https://www.marzorati.org/wp-content/uploads/2020/02/logo-nuevo-high.png 0 0 MrzOrgUserAdmin https://www.marzorati.org/wp-content/uploads/2020/02/logo-nuevo-high.png MrzOrgUserAdmin2017-10-18 09:01:292017-10-18 09:01:29Temporary shop e prodotto difettoso: i diritti per il consumatore

Risarcimento del danno per disservizio telefonico: oltre all’indennizzo è possibile richiedere all’operatore il risarcimento per il danno subito

L’utente che ha subito un danno patrimoniale, come le spese sostenute per ovviare alle problematiche di non poter utilizzare il telefono oppure le perdite economiche subite a causa dell’impossibilità di essere rintracciati, oltre all’indennizzo, può chiedere all’operatore il risarcimento a patto che si possano dimostrare in concreto i danni subiti e il collegamento tra gli stessi e il disservizio telefonico.

Il danno esistenziale

Oltre a questo tipo di danno potrà anche essere richiesto il risarcimento per il danno esistenziale causato dalla frustrazione dell’utente che davanti a tali problematiche si trova in situazioni disagianti a causa dell’illegittima attività o dell’inottemperanza delle società telefoniche. L’utente, pertanto, potrà richiedere il risarcimento ma sarà necessario utilizzare tutti gli strumenti idonei al fine di dimostrare il disagio psicofisico conseguente alla mancata utilizzazione del telefono, oltre agli oneri che richiede la legge. Il danno esistenziale infatti sarà riconosciuto solo nel caso si verifichi una lesione di un diritto inviolabile della persona.

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Cosa succede alla casa familiare se la coppia lesbica si lascia | Scioglimento unione civile | Avvocato

La sorte della casa familiare di una coppia lesbica, in caso di crisi e di scioglimento dell’unione civile, difficilmente può essere assegnata ad una delle partner in mancanza di accordo. La consulenza di un Avvocato esperto in diritto di famiglia è consigliabile, comunque, in questi casi al fine di capire l’eventuale possibilità di successo nella proposizione di una domanda di assegnazione.

Deve essere precisato che le indicazioni che diamo nel presente articolo sono relative ad una famiglia omosessuale senza figli comuni della coppia. Come noto, quando parliamo di coppia omosessuale con figli o senza figli lo facciamo ricordando che, sebbene l’adozione del figlio del partner (c.d. stepchild adoption) non sia stata regolamentata dalla Legge Cirinnà, la norma rimette ai Tribunali la valutazione sulla legittimità delle adozioni caso per caso.

Quindi è, ad oggi, possibile che una coppia omosessuale unita civilmente che ha vinto la causa in Tribunale per ottenere il consenso all’adozione del figlio o dei figli di uno dei partner, abbia dei figli comuni.

In questo caso possono essere applicate in via analogica le norme relative all’assegnazione della casa familiare in caso di separazione e divorzio (per approfondimenti vai all’articolo “Scioglimento dell’unione civile ed assegnazione della casa familiare” o “Assegnazione della casa familiare, come e quando si può ottenere”)

Casa familiare di proprietà di una delle partner

 

 

L’assegnazione della casa familiare in caso di una coppia lesbica che chiede lo scioglimento dell’unione civile non è un diritto proprio delle partner.

Se le parti trovano un accordo, la proprietaria è libera di lasciare l’ex ad abitare nella casa familiare. In questo caso è consigliabile precisare la volontà di assegnare l’immobile nelle condizioni di scioglimento dell’unione civile.

Se le parti non sono d’accordo, l’interessata dovrebbe svolgere apposita domanda di assegnazione, con l’assistenza di un avvocato, durante il procedimento giudiziale di scioglimento dell’unione civile.

In questo caso la parte dovrebbe dimostrare, per esempio, di non essere in grado di reperire un alloggio alternativo per ragioni evidenti ed oggettive e lasciare al Giudice la valutazione del caso di specie.

Una sentenza positiva, in linea generale, è di difficile ottenimento ma i Tribunali devono decidere in base alla situazione concreta prospettata e, quindi, non sarebbe corretto parlare di impossibilità assoluta di ottenere l’assegnazione.

Casa familiare di proprietà di entrambe le partner

 

 

Quando l’immobile è di proprietà di entrambe, invece, le parti ed il loro Avvocati devono trovare la soluzione migliore per il caso concreto, per esempio vendere l’immobile per dividere la somma in base alle quote di proprietà, oppure individuare una delle parti interessata a liquidare la quota all’altra partner o ancora optare per un’assegnazione alla comproprietaria che ha meno possibilità economiche.

 

Nel caso in cui l’ex coppia non trovasse un accordo deve fare ricorso al Giudice affinché individui la soluzione più utile per entrambi. Generalmente il Tribunale decide durante il procedimento giudiziale di scioglimento.

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